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Ventunesimo Secolo

1° Maggio 2020: punto di partenza, punto di rinascita

Il 26 aprile 1890 la rivista “Rivendicazione”, della città di Forlì, usciva con un articolo dedicato alla festa dei lavoratori, riportando questo messaggio: “il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento.” 
Da metà Ottocento si crearono in tutto il globo movimenti sociali e rivendicazioni generali rivolti, fra le varie proteste, alla promulgazione di una legge che ponesse un limite di otto ore alla giornata lavorativa: dallo slogan coniato in Australia nel 1855 che recitava “8 ore di lavoro, 8 ore di svago, 8 ore per dormire” alle manifestazioni degli operai statunitensi che portarono all’approvazione della prima legge delle otto ore e alla sua entrata in vigore, a Chicago, il 1° maggio 1867. Questi tumulti si svilupparono anche oltre oceano: a Londra nel 1864 un primo passo verso la rivendicazione dei diritti dei lavoratori fu la nascita dell’associazione “Prima Internazionale”, influenzata dai movimenti socialisti e marxisti dell’epoca, ma la svolta avvenne con la “Seconda Internazionale” di Parigi nel 1889 quando venne dichiarato ufficialmente il 1° maggio Festa internazionale dei lavoratori. In Italia la festività venne ratificata nel 1891, ma solo nel 1923 le otto ore lavorative furono ufficializzate con regio decreto. 

Lotte e scontri, anche sanguinosi, continuarono a lungo; ma dopo più di cent’anni quale significato assume, nel pensiero collettivo, questa festività? Il più delle volte è identificata come data rossa sul calendario, una vacanza dal lavoro, una scusa per ritrovarsi a qualche grigliata con gli amici.

Cambiano i valori dei lavoratori di oggi rispetto a quelli dei nostri antenati, forse perché non è vivo in loro quel clima di lotta politica che contraddistingueva l’operaio dell’Ottocento. Sopravvive ancora un senso di profondo rispetto, ma certamente molto diluito.
Ad oggi questa giornata si dovrebbe arricchire di un moderno significato e, guardandola da una prospettiva diversa, andrebbe impostata come un nuovo punto di partenza. Conducono a una riflessione le parole di Vincenzo Boccia, presidente Confindustria, che commentando il decreto liquidità così si è espresso: “l’Europa deve tornare ai suoi valori fondamentali, pace, protezione, prosperità […] per la difesa degli interessi comuni e il rilancio delle nostre economie e dell’occupazione”. È innegabile che i diritti al lavoro e dei lavoratori abbiano subito, nel corso degli anni, una retromarcia, vedendo disperdere i sacrifici e le vittorie ottenute dalle generazioni precedenti. Il messaggio “il primo maggio […] è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento” invita al cambiamento, nella miglior prospettiva non del singolo ma della comunità, per la difesa degli interessi comuni. Riprende voce in questo contesto il condannato a morte Parsons, anarchico impiccato durante le manifestazioni di Chicago, il quale spirava dicendo: “lasciate che si senta la voce del popolo”; oggi dovremmo aggiungere “date speranza al popolo”.

Noemi De Grassi