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Ventunesimo Secolo

Il Sudan vieta le mgf

Il primo maggio il governo sudanese ha vietato le mutilazioni genitali femminili, le cui origini sono legate a tradizioni dell’antico Egitto e che consistono nell’asportazione parziale o addirittura totale degli organi genitali esterni della donna, spesso seguita dalla cucitura quasi totale dei due lembi di pelle.

La strada è stata lunga e impervia: dal 2003, con il protocollo di Maputo, l’Unione africana si batte per i diritti delle donne e per chiedere che si ponga fine a questa pratica barbarica le cui ragioni sono spesso intrise di fanatismo religioso. La motivazione più accreditata da coloro che praticano l’infibulazione su donne e bambine e dai capifamiglia, responsabili effettivi della decisione, è la convinzione che questa pratica prevenga e impedisca lo stupro. Infatti, una donna sottoposta a infibulazione non può subire violenza ed è inoltre considerata più pura, rispettabile, pronta al matrimonio, insomma più donna. È quindi chiaro che dietro a una ragione apparentemente nobile (bisognerebbe però educare gli uomini al rispetto e non le donne alla paura) si nasconde un sistema fondato sulla sottomissione patriarcale.

Si comprende quindi che in diversi paesi africani questa pratica è in realtà volta a garantire l’illibatezza della donna. Talvolta è persino consigliata al marito la reinfibulazione della moglie in caso di lunghi viaggi, affinché possa provarne la fedeltà al suo ritorno.

Gli effetti delle MGF sono molto dannosi: i rapporti sessuali diventano dolorosi e possibili solo in seguito alla defibulazione, praticata dal marito stesso durante la prima notte di nozze, si incorre in infezioni dovute alle condizioni precarie di igiene in cui viene svolta l’operazione e danni ben più ingenti si hanno al momento del parto, quando spesso perdono la vita sia la puerpera che il bambino.

In Sudan le richieste di coloro che si battono per i diritti delle donne sono diventate argomento di discussione solo nell’ultimo anno, dopo lunghe rivolte e grazie al neo primo ministro Abdalla Hamdok, che ha provveduto alla nomina di ministre ai dicasteri di Affari esteri, Istruzione superiore, Lavoro e Sviluppo sociale, dando inizio a una nuova fase della storia del paese.

Juliana de Azevedo Frasson