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Ventunesimo Secolo

DDL Zan: la forza politica dell’asterisco

Il 14 luglio la Commissione Giustizia della Camera ha adottato il testo base della legge contro l’omotransfobia. Il ddl Zan mira a estendere la Legge Mancino, che punisce le discriminazioni e le aggressioni per motivi razziali e religiosi, anche agli atti di violenza basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere delle vittime. In questo modo, il deputato PD Alessandro Zan sottolinea l’esistenza di un problema specifico e dà dignità istituzionale alle istanze della comunità LGBTQI+.
Alcuni deputati, soprattutto di destra, hanno ridicolizzato e sminuito il contenuto del ddl: il ben noto Pillon (Lega) ha proposto una clausola che tuteli allo stesso modo chi subisce discriminazioni dovute alla propria calvizie, altri chiedono che il reato non sussista se commesso all’interno di un percorso religioso. In pratica, ci dicono che la violenza contro la comunità LGBTQI+ non esiste e che, in caso, è giustificata. E lo fanno con 1017 emendamenti.
Purtroppo, se ci raccontassimo che il conservatorismo appartiene solo una minoranza, mentiremmo. L’Italia ha ancora un grosso problema con la comunità LGBTQI+: non la riconosce e non la conosce. Al di là dell’omotransfobia, la punta dell’iceberg, il nostro Paese tende a tollerare le persone arcobaleno e le loro stramberie, pensando che ciò significhi esserne sostenitori. Un esempio? Il Pride va bene, ma senza “volgari forme di trasgressione” (cit. Di Battista). Un altro? La questione dell’asterisco. Come molti non sanno, il + della sigla comprende altri gruppi oltre a quelli indicati dalle sei lettere; tra questi ci sono anche le persone non binarie, ossia persone che non si riconoscono nella canonica opposizione tra il genere maschile e femminile, persone che non si sentono né uomo né donna o si sentono entrambi.

Vedo gocce di sudore imperlare le vostre fronti. Lo so, ci sono passata anch’io: per chi non si è mai percepito come altro rispetto alle sovrastrutture culturali legate ai propri genitali, può essere difficile capire tutte le sfumature del mondo arcobaleno. Ma o sei uomo o sei donna! Ci si aggrappa a punti fermi ormai scardinati, in preda alle vertigini. Come sempre, però, la soluzione è ascoltare. La comunità LGBTQI+ invita a sostituire le desinenze maschili e femminili con l’asterisco (e, nel parlato, con una U) per rendere il discorso più inclusivo, per fare sentire una persona coinvolta e presa in considerazione a prescindere dalla sua identità di genere e per infrangere il paradigma maschio-femmina. Chi ritiene l’asterisco superfluo sta anteponendo una propria abitudine alla realtà di qualcuno. Improvvisamente ci si erge a paladini della lingua italiana, proprio quando modificarla significa riconoscere la libertà di altri a essere se stessi. Solitamente la lingua riflette i cambiamenti sociali, perciò qualcuno sostiene che le desinenze si modificherebbero in modo naturale se davvero la società fosse pronta al non binarismo. Eppure, mentre aspettiamo che la mentalità comune si illumini d’immenso, tanti italiani si sentono negati. Invertire il meccanismo, partendo dalla lingua per dare un messaggio forte alla società, questa volta è necessario.
In quarantena avete imparato a fare la verticale e la pizza, digitare un asterisco è così difficile?

Sara Latorre