“Anche se conoscessimo la legge del tutto saremmo in grado di spiegarne solo il 70/80%, in quanto la natura non rispecchia delle leggi rigide.”
Con questa citazione si può riassumere l’incontro con Angelo Vianello del 23 novembre, che ha avuto luogo a Palazzo Antonini. Il tema trattato è stato il confronto tra il riduzionismo e la teoria della complessità. Nel caso ve lo foste perso, in questo articolo riporto i punti salienti della conferenza.
L’esperto Angelo Vianello
Angelo Vianello è stato docente di biologia delle piante e ricercatore scientifico per gran parte della sua carriera. Da sempre è appassionato di biologia vegetale ed evoluzionistica. Inoltre, è stato Preside della Facoltà di Agraria, Prorettore Vicario e Delegato alla cultura dell’Università degli Studi di Udine. Fa parte del Comitato scientifico del centro studi filosofico-religiosi “L. Pareyson” di Torino, del centro interateneo sulla morfologia “F. Moiso” di Torino e della Forum, casa editrice universitaria di Udine. È autore del libro Sapere e fede: un dialogo credibile. Ha dedicato gli ultimi anni alla ricerca di una conciliazione fra cultura scientifica e umanistica. Da questo incrocio nasce la sua voglia di dedicarsi alla divulgazione di queste due realtà.
I primi studi sulla natura: dalla filosofia naturale alla fisiologia
“Come il settecento crebbe in un universo meccanicistico, così il novecento credette in un universo lineare”
La natura fu inizialmente inquadrata tramite la filosofia naturale: una prima forma di pensiero, lontano dalle concezioni metafisiche. Gli approcci scientifici al suo studio furono due, entrambi riduzionisti: l’ipotetico-deduttivo e il meccanicistico. Il primo è basato sull’enunciazione di assunti, detti assiomi, attraverso i quali si deducono logicamente e sperimentalmente dei punti. Il secondo invece, si fonda su una visione di causa-effetto della realtà, materiale e lineare.
Il cambiamento nell’osservazione scientifica però fu segnato dalla nascita della fisiologia, lo studio delle funzioni vitali degli organismi viventi. Infatti, furono molti gli scienziati che si imbatterono nell’analisi delle piccole parti dei corpi, come Vesalio, Hooke e Belon. Inoltre, nella corrente di studi riduzionisti, sorsero nuove scoperte sensazionali, come la respirazione mitocondriale (meglio nota come ciclo di Krebs) nel 1937 ad opera di Hanz Adolf Krebs; la scoperta del DNA nel 1953, grazie ai fratelli James Watson e Francis Crick.
La svolta della teoria evoluzionistica
Con Lamarck nel 1809 nacque la prima teoria evoluzionistica che tentò di spiegare il meccanismo di ereditarietà dei caratteri acquisiti. In particolare, si ipotizzò che la variabilità genotipica si generasse per effetto ambientale e per la modificazione della dieta negli organismi viventi. In questi studi si inserì anche Charles Darwin nel 1859 con la sua teoria della selezione naturale. Secondo la quale, la possibilità di continuare a vivere dipende dalle caratteristiche congenite degli individui, in termini di capacità di sopravvivenza e di riproduzione. Infine, arrivarono le tre leggi di Mendel sui caratteri genetici o alleli, basate sullo studio degli incroci tra piante di pisum sativum, ossia di pisello. Con questo, si introdussero i concetti di caratteri dominanti e recessivi. Infine, si notò il comportamento degli alleli nel corso delle varie generazioni, stimando la probabilità che si ripresentino e fornendo le basi per i contemporanei studi al riguardo.
La sistemistica, disciplina di lettura della complessità
L’avvento della sistemistica segnò una svolta epocale negli studi scientifici. La disciplina in questione si rivolse allo studio di un sistema complesso, senza considerarne i singoli componenti, come si faceva fino ad allora. Si sviluppò in diverse discipline, come nella cibernetica. Un esempio fu svolto da Edward Lorenz che creò i cosiddetti attrattori, delle rappresentazioni matematiche di sistemi a lungo periodo.
In quel momento storico, gli scienziati iniziarono a parlare della geometria frattale, ossia della composizione di figure che presentano caratteristiche identiche, riprodotte sui diversi livelli di scala, come quelle di un cavolfiore. Tali schemi vennero resi noti come auto-organizzati. Questa tipologia di fenomeni prese il nome di proprietà emergente, termine con il quale si intende il risultato difficilmente presumibile, ragionando sui singoli componenti, ma ben evidente macroscopicamente, che si crea al momento dell’interazione di alcuni elementi chimici.
Successivamente si introdussero gli studi sulla plasticità fenotipica, osservando la non linearità del modello di studio genotipo-fenotipo. Questo segnò un distacco con l’assunzione della teoria evoluzionistica tradizionale come universalmente valida.
“La vita è troppo ricca, troppo sfaccettata, per poter essere abbracciata sotto un’unica prospettiva.”
La sensibilità è un’esigenza umana della contemporaneità
Gli umanisti in tutto questo non rimasero a guardare. Tra i personaggi principali che si interessarono al tema della complessità scientifica, ricordiamo Edgar Morin e Gregory Bateson e i loro saggi, da leggere per maggiori approfondimenti in materia. Nowak invece fece una contrapposizione tra la cooperazione contemporanea e il tema della rivalità darwiniano. Nel fare questo confronto si ricollegò alla lettura di Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie.
Eppure, la complessità sistemica è un tema che riguarda il mondo contemporaneo nel profondo. Non è forse proprio questo il momento storico per accettare la nostra impotenza parziale di fronte alla creazione naturale? È adesso che “dobbiamo riatterrare con una buona sensibilità sulla terra per non dimenticarci di essere parte di questa terra.”. Concludo proprio con questa citazione di Bruno Latour, che riassume così l’esigenza prioritaria della nostra società. Augurandoci che la speranza, la fede e la cooperazione, di cui scrisse Carroll, non ci abbandonino mai.
Julia Sophie Naponiello