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Ventunesimo Secolo

È più importante il percorso o la durata?

In questi giorni, sulla bocca di tutti gli studenti e non, c’è Carlotta Rossignoli con la sua “laurea record” in medicina ottenuta a 23 anni. Questo articolo non sarà una critica alla neodottoressa, perché tutto sommato non mi sento nella posizione di giudicare un percorso di studi eccellente, bensì voglio spostare i riflettori su una macroarea di articoli che sembrano avere come unico scopo quello di idolatrare una gara piuttosto che un normale tragitto di arricchimento personale, comune alla maggior parte degli universitari.

Ecco alcuni degli esempi che ho trovato online:

  1. F.Q. “Quattro lauree in quattro mesi: il nuovo record del 25enne Giulio Deangeli”, ilfattoquotidiano.it, 11 dicembre 2020;
  2. Ceruti L. “Si laurea in tempi record a soli 21 anni: il primato in Italia è di una studentessa del Sud”, eccellenzemeridionali.it, 3 giugno 2021;
  3. Binelli R. “Uno studente da record: 6 lauree a 25 anni”, larno.it, 15 luglio 2021.

Leggendo questi titoli, viene quasi spontaneo chiedersi se poi giornalisti leggano anche articolo come questi:

  1. Redazione, “Studente universitario si suicida, i colleghi: ‘non si può morire per stupidi esami’”, catanialiveunivrsity.it, 22 novembre 2020;
  2. Cantagallo M., Emiliozzi R., “Invita i genitori alla laurea e si uccide, aveva dato pochi esami.”, ilmessaggero.it, 9 ottobre 2021;
  3. Mazzanti F., “Bologna, studente universitario si suicida al Pontelungo: «Mi laureo», ma era in ritardo con gli esami”, corrieredibologna.corriere.it, 8 ottobre 2022.

Mi chiedo anche se abbiano il coraggio di domandarsi come mai i giovani d’oggi sembrano così ansiosi, ossessionati dai voti e vedano il percorso accademico come una mera dimostrazione a chi è migliore.

In realtà, una risposta ce l’avrei e non si tratta semplicemente di attribuire tutta la colpa agli autori degli articoli, perché si sono limitati a raccontare un fatto di cronaca, spesso scelto per loro dal caporedattore. Non bisogna scordare anche che i giornalisti non scelgono i titoli, compito dei titolisti.

Il difetto sta a monte: tutti quei ragazzi “prodigio” si sono ridotti al minimo delle forze per riuscire a mantenere il ritmo frenetico imposto dalla società. La stessa Carlotta sopracitata ha dichiarato: “Studiavo dalla 6 del mattino alle 2 di notte”. Sembra davvero che sia più importante laurearsi con la lode, e possibilmente in anticipo rispetto alla canonica tabella di marcia, anziché appassionarsi agli studi in tempi standard o anche più o meno in ritardo.

È vero che i singoli giornalisti non hanno tutta la colpa, ma fino a un certo punto: i media hanno un potere enorme. Continuare a veicolare messaggi come “loro sono la testimonianza di come con impegno, costanza e sacrificio si possa raggiungere qualunque obiettivo prefissato” è dannoso oltre a non essere veritiero, perché ormai la dedizione non basta più. Non siamo tutti uguali e non siamo software programmati per ottenere grandi risultati in poco tempo.

Ci sono persone che hanno bisogno di rallentare per problemi fisici, mentali o situazioni familiari particolari. Ancor di più ci sono studenti che hanno difficoltà economiche e non sempre le borse di studio sono sufficienti. C’è anche chi sceglie semplicemente di andare con calma perché crede fermamente che l’unico compito dell’istruzione sia quello di trasmettere cultura e conoscenza e non ansia e un pass gratuito per la terapia intensiva.

A tutti i nostri lettori che si sono sentiti male, anche una sola volta, perché convinti di essere in difetto rispetto a un collega: sappiate che non siete gli unici e che la colpa non ricade su di voi. È vostro diritto scegliere come e quanto studiare in base ai vostri ritmi di vita.

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