Nel Pian di Lanza, a quota 1760 metri, è situata una grotta formatasi durante il Quaternario, l’ultimo intervallo geologico del Calendario della Terra. Qui il prestigio geologico si unisce a una ricostruzione storica a cavallo tra verità e leggenda, che è valsa al sito il nome di Grotta di Attila.
Il Pian di Lanza è un territorio dalle forme dolci, ricoperte da prati verdi e vegetazione arbustiva, che si estende tra Paularo e Pontebba, non lontano dal confine con l’Austria. La morfologia arrotondata della zona è dovuta all’azione levigatrice di antichi ghiacciai – tecnicamente detta esarazione – che, nel corso di centinaia di migliaia di anni, ha trasformato le rocce in un susseguirsi di dossi e conche. In particolare, durante il Quaternario la zona alpina ha visto l’alternarsi di intervalli glaciali (di freddo rigido) e interglaciali (caratterizzati da un clima mite): durante i periodi più tiepidi le nevi perenni lasciavano il posto alle acque di superficie che, insinuandosi nelle fratture delle rocce, hanno scavato dei percorsi sotterranei. Talvolta questi si sono estesi al punto da originare stretti e lunghissimi budelli, che si dipanano ben oltre le cavità visitabili dall’uomo: è questo il caso della Grotta di Attila.
L’accesso della grotta ha la forma caratteristica di una serratura. È alto ben 4 metri ed è costituito da una roccia calcarea formatasi circa 290 milioni di anni fa: si tratta di una vera e propria apertura sull’interno della terra. La cavità ha la forma di una sorta di scalinata naturale, che scende, con lieve inclinazione, per quasi mezzo chilometro. Da lì in poi le pareti del budello si restringono notevolmente, riducendosi a un pertugio di circa 20-30 centimetri che non consente l’accesso ai visitatori. Ed è proprio questa zona inesplorata a essere avvolta dal mistero e dalla leggenda.
Attila, capo condottiero degli Unni, è senza dubbio famoso per la sua politica militare aggressiva, basata su guerra, conquista e imposizione dei tributi alle popolazioni sottomesse, che gli valse il soprannome di flagellum dei. Dopo aver piegato quasi completamente i territori dell’Impero romano d’Oriente, l’8 giugno 452, un anno prima della sua morte, penetrò in Italia. Convinto alla ritirata forse da Papa Leone I, forse dall’epidemia di colera che aveva colpito i suoi uomini, Attila retrocesse verso l’attuale Ungheria, passando per il valico alpino nel Pian di Lanza. Secondo la leggenda avrebbe depositato i suoi incommensurabili tesori, frutto delle razzie perpetrate durante le innumerevoli campagne militari, proprio nella grotta che porta il suo nome. È lecito domandarsi per quale motivo non lo avrebbe portato con sé in patria: forse i soldati, stremati dal lungo viaggio e dall’epidemia, non avevano le forze necessarie per trasportare un bottino che possiamo facilmente immaginare a dir poco massiccio. O forse i cunicoli inesplorati di quella grotta alpina gli sono sembrati un buon nascondiglio per un tesoro che, sopraggiunta una morte improvvisa l’anno successivo, non ha più visto la luce…
La grotta di Attila è raggiungibile attraverso quattro diversi itinerari che partono da dietro la Casera Cason di Lanza. I percorsi sono facili, adatti anche ai bambini. Trovate tutte le informazioni a questo link:
Aurora Selenati