Le valli del Natisone sono collocate a nord-est del Friuli-Venezia Giulia, sul confine con la Slovenia; si tratta di quattro valli attraversate da altrettanti corsi d’acqua.
Il simbolo di questi territori è il monte Matajur, detto anche Monte Re, una montagna delle Prealpi Giulie che raggiunge l’altezza di 1.641 metri sovrastando la città di Cividale. Si narra che questa altura sia stata scalata dal re longobardo Alboino, quando giunto in prossimità dell’Italia la risalì per ammirare le fertili pianure friulane che stava per invadere.
Una delle peculiarità delle “valli”, così semplicemente chiamate dai loro abitanti, è quella linguistica. La lingua locale in questione è il Natisoniano (Nadisko in sloveno), e ne vengono parlate diverse “varianti”.
Si tratta di una particolare lingua locale slava, anche se meglio definita come un complesso di lingue locali slave che, per determinate affinità, fanno parte del gruppo di lingue locali che trovano il loro riferimento nello sloveno standard.
Il Natisoniano ha subito molteplici influssi nel corso della sua storia. Attualmente, l’italiano standard è la lingua che fra tutte filtra maggiormente nel suo sistema, obbligandolo a ristrutturarsi continuamente attraverso l’introduzione di neologismi e di veri e propri calchi fono-morfo-sintattico-semantici.
Gli abitanti delle valli sono molto legati al loro territorio e alle loro tradizioni. Durante tutto l’anno si possono trovare eventi folkloristici che offrono una visione autentica di quella che è la cultura locale.
Nel periodo di febbraio e marzo è presente il Pust, il Carnevale delle valli del Natisone, che con la sua musica e i suoi colori scalda gli ultimi giorni dell’inverno. Le tradizionali maschere dei Bulmari di Montefosca attraversano le valli con corse sfrenate, accompagnate dal suono delle fisarmoniche e dalle danze tipiche.
D’estate invece si può assistere al magico Kries, il falò di San Giovanni. In questa notte estiva, i fuochi illuminano le colline, e le antiche tradizioni, come la divinazione con il bianco d’uovo, vengono fatte rivivere dagli abitanti delle valli.
Oltre alle feste tradizionali del territorio, vengono organizzate varie sagre di paese, che spingono anche persone provenienti da lontano a venire a divertirsi tra le valli e gustare piatti tipici e vino del territorio. La più famosa tra queste è la Festa di Vernasso, la più grande di tutte.
Le Valli del Natisone custodiscono molte leggende, con le quali sono cresciuti tutti i bambini del territorio. Una di queste vede come protagonista la Krivapeta, il personaggio mitico di una donna la cui particolarità più evidente è quella di avere i piedi ritorti, girati al contrario. Il suo nome deriva proprio da questo difetto: in sloveno kriv significa curvo, mentre peta significa tallone. Le Krivapete vengono descritte come donne dai capelli verdi, dotate del dono della preveggenza e di una vasta conoscenza delle virtù delle erbe. Si dice vivano sole, all’interno di grotte o presso corsi d’acqua. Le Krivapete possono essere buone o maligne con gli abitanti del territorio, suggerendo per esempio ai contadini i momenti più adatti per la semina, il raccolto e altre attività di campagna, ma chiedendo talvolta in cambio del loro aiuto i bambini del paese; alcune, si narra, sono pure cannibali.
Queste creature leggendarie andavano ad arricchire le fiabe che i nonni raccontavano ai propri nipoti, tramandate nelle generazioni a venire. Si può notare come queste figure, al pari di altri spiritelli e mostri della mitologia slovena, venissero sempre associate alle caverne e ai torrenti, luoghi che potevano essere pericolosi, ma che venivano evitati dai bambini proprio per la paura di imbattersi in uno di queste creature spaventose.
Queste valli sono affascinanti luoghi appartati, ricchi di cultura e tradizioni, lontani dai ritmi delle grandi città, permeati di segreti e mistero. Territori ideali per la conservazione e la trasmissione di antiche forme di culto, di credenze non normalizzate e sapientemente nascoste nella lingua materna del Nadisko, lo sloveno. Le Valli del Natisone sono un posto dove comunità, terra e lingua vivono in simbiosi.
Amra Gusic