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Studenti Senza Frontiere

Mobilità internazionali ai tempi del Coronavirus

La diffusione del Covid-19 in Italia ha provocato gravi problemi non solo a livello sanitario ed economico, ma anche nell’ambito dell’istruzione. Sappiamo che l’Università degli Studi di Udine ha avviato una didattica online, ma cosa è successo agli studenti che avevano partecipato ai programmi di mobilità internazionale? Cercando di rispondere a questa domanda, abbiamo intervistato due studentesse Uniud e condividiamo con voi le loro esperienze.

Giulia Colle, studentessa di Lingue e letterature europee ed extraeuropee era in Russia.

Giulia, come numerosi studenti Uniud, hai deciso di arricchire il tuo percorso formativo partecipando a un programma di mobilità internazionale. Perché hai scelto proprio la Russia come destinazione? Ad aprile 2019 ho fatto un colloquio per ottenere una borsa di studio che mi permettesse di studiare in un paese extraeuropeo. Avendo la possibilità di scegliere fra l’Argentina e la Russia, ho preferito quest’ultima, non solo perché sto studiando il russo, ma anche perché ero appassionata della storia, cultura e architettura di questo Paese fin da bambina e ho sempre sognato di visitarlo. Poi, fra tre Università russe disponibili ho scelto l’Università statale di San Pietroburgo.

Quali erano le tue aspettative? Prima di tutto, speravo di ampliare il lessico, volevo visitare le principali attrazioni che offre la Russia, specialmente San Pietroburgo, e desideravo anche fare nuove amicizie con i russofoni, sempre per migliorare il mio livello di russo.

Però i tuoi progetti non sono andati come previsto, dato che anche in Russia si sono poi manifestati numerosi casi di contagio da Coronavirus. Ci potresti fornire una linea temporale degli eventi? Come si sviluppava la situazione in Russia? Sono partita dall’Italia il 1° febbraio 2020, quando già stavano circolando le notizie sul Coronavirus, ma ancora nessuno si era reso conto del vero pericolo. Io e una mia collega siamo partite serenamente, ma fin dal primo giorno all’Università di San Pietroburgo siamo state obbligate ad indossare le mascherine. Agli studenti arrivati dalla Cina, invece, è stato imposto l’obbligo di mettersi in quarantena per 14 giorni e, inoltre, di fare gli accertamenti medici. Per il resto, il mese di febbraio l’abbiamo vissuto in piena serenità. I primi di marzo, invece, la situazione in Italia stava diventando sempre più drammatica, mentre il Governo russo continuava comunque a sostenere che il fenomeno sarebbe stato tenuto sotto controllo. In realtà, non è andata così, e dal 12 marzo i nostri professori hanno cominciato a prepararci al fatto che le Università e i musei avrebbero potuto chiudere a causa del Coronavirus. Visto che in Italia la situazione era abbastanza grave, abbiamo deciso, anche su consiglio dell’Università di Udine, di rientrare in Italia. Come si è visto nelle settimane successive, è stata una decisione saggia, dato che la situazione russa poi è peggiorata velocemente.

Adesso fisicamente sei a Udine, ma che cosa sta succedendo al tuo programma di studio in Russia? L’Università di San Pietroburgo ha attivato i corsi online e ci hanno garantito anche la possibilità di sostenere gli esami in modo telematico.

Allora, come descriveresti la tua esperienza inedita? Non hai più possibilità di conoscere la storia russa. Per me si tratta comunque di uno scambio, ma virtuale! Tutti i musei di San Pietroburgo sono stati messi a disposizione online e quando li “visito” attraverso internet, mi sembra di essere lì fisicamente. Addirittura, posso anche guardare gli spettacoli dei teatri russi trasmessi in diretta!

Quindi, in fin dei conti, sei contenta?Assolutamente sì, considerata la situazione di emergenza le cose stanno andando per il verso giusto. Vorrei anche sottolineare lo sforzo dei docenti russi che comunque cercano di darci il massimo. Ho inoltre la possibilità di intrattenere scambi culturali con le persone che ho fatto in tempo a conoscere a San Pietroburgo, e anche se mi sarebbe piaciuto essere in Russia, sto pensando positivo.

Miriam Coccia, studentessa di Mediazione culturale era in Germania.

Miriam, che cosa stavi facendo in Germania all’arrivo delle prime notizie sul Coronavirus? Ho trascorso otto mesi a Berlino: per quattro mesi ho fatto un tirocinio formativo in un’azienda informatica, all’interno del programma Erasmus+ Traineeship, e gli altri quattro ho dedicato allo studio di lingua tedesca.

Il Coronavirus ha cambiato i progetti di tutti noi. Raccontaci come si è sviluppata la situazione in Germania e che decisioni hai preso a riguardo. Le prime notizie sul Coronavirus in Germania sono arrivate circa a metà febbraio. Le Autorità tedesche cercavano di tenerlo sotto controllo, informando i cittadini e obbligando tutte le persone tornate dalla Cina a mettersi in quarantena per 14 giorni. Sono rimasta a Berlino fino alla fine di febbraio, perché il 28 dovevo sostenere un esame di tedesco. Dopodiché pensavo di tornare in Italia, infatti, ho cominciato a spostarmi in macchina verso il Friuli Venezia Giulia, ma l’8 marzo, mentre ero a Salisburgo, la situazione si è aggravata talmente da spingermi a trasferirmi a Lussemburgo.

Adesso che cosa stai facendo? Attualmente sto frequentando i miei ultimi corsi online organizzati dall’Università di Udine. Mi sto trovando molto bene e devo ammettere che seguire i corsi in modo telematico è una soluzione perfetta per me, perché sono una persona dinamica che ama viaggiare e si trova spesso all’estero. Ma tornerò in Italia appena questa situazione sarà finita.

Ringraziamo Giulia e Miriam per aver condiviso le loro esperienze, dimostrando che gli studenti Uniud sono, in qualsiasi circostanza, Studenti Senza Frontiere.

Sofia Rogozhnikova