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Ventunesimo Secolo

Mostar: Ricordando il Ponte Distrutto- Un Simbolo di Guerra e Rinascita

Il 9 Novembre 2024 si è ricordato il 31esimo anniversario dell’abbattimento dello Stari Most, il ‘ponte vecchio’ della città di Mostar a sud della Bosnia ed Erzegovina, diventato simbolo della tragica guerra nel paese balcanico. Il ponte fu eretto nel 1557, durante il dominio ottomano, su richiesta del sultano Solimano, per collegare due distretti della città divisa dal fiume Narenta. Questo ponte nasce sì come una magnifica opera architettonica, ma rappresenta anche un significato molto profondo in termini di unione, interazione e connettività. Lo Stari Most incarna divisioni, contrasti e divari. Anche se sarà proprio il suo crollo a simboleggiare tutto questo.

Prima che il paese fosse travolto dalla guerra, nella città di Mostar coesistevano pacificamente i bosniaci cristiani, da una parte del ponte, e i bosniaci musulmani, dall’altra. Dopo la morte del dittatore Tito, la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia fu sconvolta da una serie di conflitti armati. La guerra iniziò nel 1992 e si concluse tre anni più tardi, nel 1995, con gli accordi di Dayton. Essendo stato un territorio di origine ottomana, la Bosnia rappresenta un mosaico multietnico dove hanno convissuto, e convivono tutt’ora, bosniaci, croati e serbi. Durante il primo anno della guerra i bosniaci e i croati si allearono contro il nemico in comune, le truppe serbe guidate da Milosevic. In questa fase, infatti, la città di Mostar è stata assediata e bombardata dai serbi, per essere poi liberata dalla alleanza croato-bosniaca. La situazione rimase stabile finché le carte in tavola non cambiarono: le potenze armate croate presero l’iniziativa di isolare la popolazione bosniaca musulmana dal territorio, per poterlo conquistare, costringendola sempre di più verso est. Furono proprio i croati a causare la distruzione del simbolo storico della città. Durante la guerra lo Stari Most non è mai stato fronte di battaglia, ma rappresentando l’identità multiculturale bosniaca, per le forze nemiche è stato uno dei primi obbiettivi da demolire.

Durante la sua avanzata, l’esercito croato, guidato dal generale Slobodan Praljak, ha deportato una buona parte di cittadini musulmani, dando il via ad una vera e propria pulizia etnica. Con la distruzione di questo simbolo culturale e bellezza architettonica, andò in frantumi anche la convivenza tra musulmani e cristiani, con l’armonia che l’ha caratterizata negli anni precedenti: si creò una forte divisione tra le due etnie. Il generale Praljak ordinò di sparare circa 60 colpi di cannone contro il ponte, dopo essere stato 427 anni un simbolo della città di Mostar e anche di un paese, la Bosnia.

Dopo gravi atrocità inflitte alla popolazione bosniaca durante la guerra, di cui si ricorda principalmente il genocidio di Srebrenica, nel 1995 la Nato diede il via alla operazione di Deliberate Force, infliggendo gravi danni alle truppe serbe. Nello stesso anno venne siglato anche all’accordo di Dayton, sancito in Ohio, con i maggior esponenti politici della regione balcanica. Alla fine della guerra, il ponte venne incluso nel Patrimonio dell’Umanità, e, grazie all’intervento dell’UNESCO, questo fu ricostruito. Il suo restauro fu finanziato da diversi paesi, in particolare risalta, con un ammontare di 3 milioni di euro, la donazione dell’Italia. Il ponte fu definitivamente aperto nel 2004, anche se i gravi danni della guerra si notano tutt’ora. Il 29 novembre del 2017 il generale croato, Slobodan Praljak, fu condannato a vent’anni di carcere per crimini di guerra, e con lui altri sei generali croato-bosniaci. Egli rifiutò con sdegno tutte le accuse ricevute, decidendo di suicidarsi in aula ingerendo una fialetta di cianuro che lo portò alla morte immediata.

La guerra ha provocato gravi danni, visibili tutt’ora sugli edifici, ma, soprattutto, ha comportato una ferita psicologica nelle persone, non solo nella città di Mostar ma in tutto il paese. Quello che prima rappresentava il simbolo di unione tra popolazioni diverse, ora, dopo la sua distruzione, ricorda la disgregazione e la separazione della città e dei suoi cittadini. La sua demolizione non ha mai avuto un’importanza strategica dal punto di vista militare, ma è stata fondamentale per abbattere lo spirito del nemico, un modo per cancellarne la storia e l’identità, valori molto spesso incarnati dai simboli, come in questo caso lo Stari Most. Il fatto che sia stata scelta come data il 9 Novembre in cui abbattere il ponte non è del tutto casuale. Nella stessa data, quattro anni prima, veniva abbattuto anche il Muro di Berlino il potente divisorio tra Est e Ovest della Germania. Questo è un modo per ricordare che non sono solo le barriere materiali a dividere le persone, ma, come in questo caso, si abbatte ciò che le unisce.

Amra Gusic

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