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Studenti Senza Frontiere

Storie di viaggio: Cina

Care lettrici e cari lettori,
dopo numerosi mesi in silenzio trascorsi a iniziare diverse bozze, una più insipida dell’altra, mi emoziona un po’ il pensiero di presentarvi un nuovo articolo.
Per questo mese vorrei raccontarvi il mio ultimo viaggio: due settimane in Cina, dal 10 al 24 agosto 2023.
Per chi fosse nuovo e per coloro che non dovessero ricordare, sottolineo la natura di questa sotto rubrica “Storie di viaggio”, che non nasce con l’intento di essere una guida affidabile o un elenco in stile “10 cose da vedere a…”, bensì come un diario di viaggio, una raccolta di fatti e pensieri accaduti alla sottoscritta.
Il viaggio è stato organizzato da Orienty Tour, una neonata agenzia viaggi di Trieste, e coordinato dal professor Gao Xu, che forse qualcuno di voi ricorderà in quanto ha tenuto dei corsi di lingua e cultura cinese a Uniud, (Vedi qua: HSK 1 Corso di lingua e cultura cinese – Stuzine (uniud.it)) il quale un mese prima mi aveva girato una piccola locandina in cui proponeva un viaggio-studio nella terra di Confucio in collaborazione con l’Università di Yanshan.
Mi limito ad accennarvi gli ostacoli pre-partenza: per ottenere il visto in tempo abbiamo lasciato i nostri passaporti a Milano, a un amico del professore, qualche settimana prima e li abbiamo rivisti il giorno della partenza. Fino a meno di una settimana prima quindi non avevo né passaporto, né visto, né biglietto e nemmeno una valigia abbastanza grande. Dulcis in fundo, il tampone covid 48 ore prima della partenza.

Giorno 1 – Partenza
Sveglia ore 4:00 del mattino. Mi preparo velocemente a lasciare la stanza di un umile B&B in centro a Trieste cercando di fare meno rumore possibile. Lascio le chiavi al custode assonnato e mi propongo di offrigli un caffè per il disturbo; lui con fare molto sincero e gentile mi saluta dicendo che tornerà a dormire per almeno un’altra ora.
Il ritrovo era previsto prima delle 5:00 davanti all’Istituto Nuove Vie della Seta e secondo il buon Google Maps avrei dovuto impiegarci non più di 10 minuti a piedi. Sarà stato per il sonno, per il mio scarso senso dell’orientamento o per un malfunzionamento del mio cellulare, sta di fatto che per mezz’ora ho girato a vuoto lungo le vie buie e deserte della città, con una valigia e uno zaino che a quell’ora mi sembravano molto più pesanti del giorno prima.
Raggiungo appena in tempo il pullman che ci avrebbe portati in aeroporto a Milano e stremata dalla corsa mi propongo ingenuamente di dormire accompagnata dal volume fastidiosamente alto della radio che trasmetteva musica da discoteca slovena e dalle acute risate dei due autisti.
Ci imbarchiamo alle 13 (ora italiana) e atterriamo a Pechino alle 5:30 (ora locale).

Giorni 2 e 3 – Beijing (Pechino)
Beijing è la capitale della Cina, in Italia conosciuta come Pechino, e il suo nome significa “capitale del nord” differenziandosi dall’antica capitale del sud, Nanjing (Nanchino).
È eccessiva in tutto ciò che la caratterizza. Affollamento, odori, rumori, umidità…Un caldo soffocante. Ecco spiegati gli innumerevoli condizionatori che punteggiano la maggior parte degli edifici come le cimici sulle mura esterne delle nostre case in questo periodo.
Guardo fuori dal finestrino dell’autobus. È una città in cui le contraddizioni sono evidenti ovunque, non si limitano alle zone periferiche. C’è una grande cura del verde: aiuole fiorite e alberi dalle chiome ampie affiancano o separano le strade intasate dal traffico. Le biciclette sembrano essere state sostitute quasi completamente da motorini elettrici guidati anche dai ragazzini (quasi nessuno con il casco). Noto un modo di vivere e di fare che avevo potuto conoscere solo attraverso i film proiettati al Far East Film Festival di Udine.
La preparatissima guida locale Luò, Lucio, per i “compagni italiani” – così ci chiamava – ci accompagna in alcuni dei luoghi più noti della capitale, come il Tempio del Cielo, Piazza Tiananmen, la Città Proibita e una residenza estiva imperiale.
Breve aneddoto triste: il fuso orario e il cambio di clima hanno colpito tutti noi viaggiatori, me per prima, che, indebolita dalle poche ore di sonno, ho perso i sensi per qualche secondo appena entrati nella Città Proibita. Fortunatamente sono riuscita ad avvisare prima di cadere e i miei compagni di viaggio mi hanno soccorsa immediatamente. Da quell’episodio ho capito che l’uso di ombrellini per il sole e di ventagli non era dovuto a pure questioni di moda o tradizione, ma di sopravvivenza! Vi lascio immaginare la tortura di affrontare una giornata in quelle condizioni…un po’ di spirito di adattamento, la compagnia giusta, una super cena a base di anatra laccata pechinese, una tachipirina e il giorno dopo ero un fiore.

Giorno 4 – Verso Qinhuangdao passando per Chengde
Lasciamo la capitale e il caro Luò per dirigerci verso est, nella città di Qinhuangdao, sulla costa settentrionale del Mar Giallo. La strada è lunga e intervallata da numerosi e accurati controlli di sicurezza; nel nostro itinerario era prevista anche una deviazione verso nord per visitare un Palazzo estivo risalente alla Dinastia Qing, a Chengde. La residenza si impone in modo superbo sulla cima di una collina; i caratteristici tetti con gli angoli rivolti verso l’alto risplendono per la doratura e si appoggiano su una struttura lignea color rosso fuoco che contrasta con la vegetazione circostante. È un’esplosione di colore.
Ripreso il viaggio della speranza, arriviamo a Qinhuangdao stanchi e affamati. La nuova guida locale, Lily, ci porta a mangiare in un ricco street food e infine ci accompagna al dormitorio dell’Università di Yanshan, mentre il professor Gao e la sua famiglia avrebbero alloggiato a casa loro.
Sarò onesta con voi: l’alloggio era terribile. Le stanze per gli studenti stranieri erano rimaste inutilizzate a causa della pandemia per due o tre anni e da allora non erano state pulite. Parliamo di scarafaggi nelle docce, non di un po’ di polvere. Niente carta igienica, niente wi-fi, nessun responsabile di struttura; era quasi mezzanotte e avremo dovuto trascorre tre giorni lì…Ve la faccio breve: quella notte abbiamo stretto i denti e ci siamo adattati, ma poi ci siamo spostati grazie alla prontezza e alla disponibilità dei nostri organizzatori.

Giorni 5, 6, 7 – Qinhuangdao
Il nostro viaggio prevedeva tre giorni di lezione presso l’Università di Yanshan. Io mi sono limitata a seguire il primo giorno (grammatica cinese) poiché il livello era troppo avanzato per me (HSK3, senza pinyin!). Ammetto che avrei potuto sforzarmi un po’ di più eh, ma ho preferito oziare per qualche ora al centro commerciale con gli altri compagni non studenti.
Mentre le mattine erano dedicate allo studio e al riposo, abbiamo sfruttato i pomeriggi per visitare la città e il circondario. Forse il luogo che più di tutti mi è piaciuto è stato il tratto di Grande Muraglia di Jiaoshan: ripido, poco frequentato, silenzioso…qui lascio parlare le fotografie al posto mio.
L’ultimo giorno l’abbiamo dedicato alla parte iniziale della Grande Muraglia, chiamata Laolongtou, ossia “La testa del drago”, poiché la forma ricorda appunto la testa di un drago che si allunga sulla spiaggia, fino al mare, per abbeverarsi. Su quella spiaggia poi abbiamo trascorso la serata più bella e divertente: grigliata, musica, pallavolo e karaoke.

Giorni 8, 9 – Verso il deserto, a Datong, nella regione di Shanxi
A malincuore salutiamo la città di Qinhuangdao e la nostra carissima guida Lily. Un po’ provati e indeboliti dai continui sbalzi di temperatura, ci prepariamo per affrontare una notte sul treno vagone. Le cabine sono strettissime, con sei lettini articolati in due strutture a castello, ma non ci lamentiamo, anzi, questi continui spostamenti, gli imprevisti e le piccole scomodità iniziano a divertirci e ci permettono di scoprire il lato più avventuriero di noi stessi.
Capolinea: stazione di Taiyuan, ma non siamo mica arrivati. Dopo altre tre ore e mezza di pullman trascorse un po’ dormendo, un po’ cercando di ascoltare le spiegazioni della guida locale, finalmente arriviamo a Datong.
Shanxi, il nome della regione, letteralmente significa “a ovest delle montagne”. Qui il clima è diverso: fa caldo, ma è ventilato, molto meno umido e si sta decisamente meglio. Le attrazioni principali del luogo sono due: le Grotte di Yungang e il Tempio sospeso. Le prime sono una meraviglia dell’arte scultorea. La montagna è stata scavata per realizzare il primo complesso rupestre dedicato al buddhismo e finanziato a livello imperiale durante la dinastia Wei settentrionale nella seconda metà del V secolo d.C. Il Tempio sospeso, invece, risale al VI secolo d.C. e rappresenta un miracolo dell’architettura cinese sia per ragioni strutturali, poiché sembra poggiato sul fianco della montagna, sia per questioni culturali, in quanto tempio dedicato a tre credenze diverse: Buddhismo, Taoismo e Confucianesimo.
Nonostante l’alta concentrazione di turisti che potrebbe intimidire, vi assicuro che ne vale la pena.
Durante il nostro soggiorno a Datong abbiamo avuto il privilegio di essere accolti dal Sindaco e da alcuni amministratori locali, i quali poi ci hanno deliziato con una superba e generosa cena. L’aspetto culinario in Cina meriterebbe un articolo a parte…non voglio dilungarmi ulteriormente e non mi azzardo ad accennarvi nulla perché sarebbe riduttivo. Stay tuned.

Giorno 10, 11 – L’antica città di Pingyao
Restiamo nella regione di Shanxi, ma ci spostiamo verso sud, a Pingyao. La città mantiene l’aspetto antico risalente alle ultime dinastie Ming e Qing ed è riconosciuta come patrimonio dell’Unesco. Abbiamo avuto la fortuna di trascorrere una notte all’interno delle mura della città, presso la locanda Xing Shen Jiu, e di assistere a uno spettacolo teatrale, “Ci vediamo di nuovo a Pingyao”. Tralasciando il fatto che era tutto in cinese, è stato sorprendente. Gli atti erano dislocati all’interno di tutto l’edificio, non su un palcoscenico fisso, e noi spettatori eravamo invitati a muoverci tra le sale e i corridoi bui per seguire gli attori.

Giorni 12, 13 – Xi’an
L’ultima tappa del nostro itinerario la raggiungiamo prendendo un treno ad alta velocita. Direzione, Xi’an, una delle quattro antiche capitali della Cina collocata al suo centro. Diciamo che tra le varie mete, questa è stata quella meno entusiasmante. La Grande pagoda dell’oca era molto affollata. Alcuni di noi sono saliti fino in cima, ma onestamente non so dirvi se vale davvero la fatica: la soddisfazione della salita c’è, non ci si impiega più di dieci minuti con un buon ritmo, ma la vista non è mozzafiato e se c’è tanta gente lo spazio diventa un po’ claustrofobico.
Stesso problema durante la visita al mausoleo del primo imperatore Qin, dove è conservato il celeberrimo esercito di terracotta. Il numero di sculture rinvenute, la qualità, la conservazione, il restauro sono impressionanti; tuttavia, la modalità di fruizione è terribile. Non c’è un percorso che consenta a tutti di avvicinarsi in tranquillità, anche per pochi secondi; l’ingresso è unico, il punto di vista privilegiato viene letteralmente assalito da un’orda di persone che spingono e fanno a gomitate per passare, con il rischio di farsi molto male. Potrebbe essere utile prevedere un numero limite di visitatori o gestire gli ingressi a scaglioni ogni mezz’ora…

Giorno 14 – Ritorno a Pechino e verso casa
Giunge il momento dei saluti. Ritorniamo a Pechino con il treno ad alta velocità, ritroviamo il caro Luò e facciamo gli ultimi acquisti. Abbiamo l’imbarco all’una e mezza di notte.
Il viaggio non poteva concludersi senza un dramma finale: stiamo per imbarcare i bagagli in stiva e ci si accorge che il professor Gao non trova più il suo passaporto e quello dei suoi familiari. Due ore di panico trascorse a svuotare le borse, cercare nelle valige, contattare gli ultimi posti in cui potrebbe essere stato perso, fare una denuncia di smarrimento e tentare di chiedere un lasciapassare temporaneo, ma niente. Preoccupati e con le lacrime agli occhi salutiamo Gao e la sua carissima moglie che ci hanno accolti e fatti sentire come in una grande famiglia in queste due settimane, con la promessa di rivederci a Trieste molto presto.
Si conclude più o meno così quest’avventura in Cina, con un po’ di amarezza e nostalgia. Ne avrei di cose da raccontarvi ancora, ma se siete arrivati a leggere fino a qui è già tanto.
Al prossimo viaggio!

Abigyle Alzetta

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