Ho iniziato la bozza di questo articolo prima della dipartita della regina Elisabetta, riguardando le foto ricordo proposte da Instagram e Facebook e ripensando alle belle giornate trascorse nella capitale inglese nel settembre 2018. Gli eventi recenti forse gli forniranno una ragion d’essere in più, che si affianca, come sempre, al mio desiderio di rivivere i viaggi passati attraverso la scrittura.
Trascorrere quattro o cinque giorni a Londra significa avere il tempo di vedere non tutto, ma molto. È lapalissiano, ma a volte è bene ricordarlo (a noi stessi): la qualità di un viaggio non si misura dal numero di attrazioni visitate, aboliamo l’ansia delle check list!
Il racconto di oggi si focalizza sulla caratteristica di Londra che più d’ogni altra mi ha emozionata durante la visita: la città è un set cinematografico. Non so spiegare la gioia provata nel percorrere le strade e i quartieri di Londra, immaginando di trovarmi immersa nelle scene di un film che ho amato e riguardato anche per la trentesima volta. Per inciso, credo che alcuni film in qualche modo chiedano di essere riguardati in un particolare momento dell’anno: Star Wars il 4 maggio, Hocus Pocus ad Halloween e vi risparmio la lista infinita dei film natalizi.
Vi propongo invece una carrellata di titoli ambientati a Londra che ripercorrono la mia storia di viaggio punteggiata da flashback cinematografici.
La prima tappa dell’itinerario è stata naturalmente il British Museum: immenso e meraviglioso, improbabile e insensato descriverlo in un articolo. La collezione, l’edificio e la gratuità sono già tre ragioni sufficienti per dedicarvi anche una breve visita, ma il fatto che vi è stato girato il terzo ultimo capitolo della serie Una notte al museo me lo ha fatto percepire più vivo che mai.
Proseguendo verso sud, ci siamo diretti verso Chinatown e Piccadilly Circus, costeggiando l’Hotel Ritz e ripensando a uno dei miei film preferiti, Notting Hill, e siamo scesi verso Buckingham Palace, ma solo dopo una sosta per guardare gli scoiattoli a St. James’ Park. Con dispiacere ho salutato la National Gallery solo dall’esterno (ragion per cui bisogna tornare); ci siamo limitati ad attraversare Trafalgar Square, riconoscibile dalle fontane e dai quattro leoni attorno all’obelisco. Numerosissimi sono i turisti che cercano di farsi una foto salendo sul basamento. I più coraggiosi (come mio fratello) tentano di salire a cavalcioni sul leone come Garfield: ve lo sconsiglio, si scivola e, se ci sono dei sorveglianti, vi faranno scendere immediatamente. Se vi trovaste in zona, vi suggerisco di accostarvi alla riva del Tamigi: vi ritroverete in un buon punto di osservazione per il London Eye, e per coloro che ricordano I fantastici 4 e Silver Surfer, è impossibile non pensare alla tragica scena in cui la ruota rischia di cadere e il Tamigi viene prosciugato.
Il secondo giorno lo abbiamo dedicato alla parte nord della città, passeggiando adagio lungo Baker Street con in testa il motivetto della sigla d’apertura di Sherlock e oziando per un’ora su un pedalò a Regent’s Park, dopo aver trascorso la mattinata a divertirci con i vip di cera al Madame Tussauds: lascio parlare le foto a fine articolo. Per chi non sapesse di cosa parlo, si tratta del più noto museo delle cere, con sedi sparse in tutto il mondo. Da Regent’s Park abbiamo camminato (troppo) fino alla stazione ferroviaria King’s Cross per raggiungere il celeberrimo binario 9 e ¾ e scattare un paio di foto cercando di attraversarlo per prendere il treno diretto a Hogwarts. C’era una fila lunghissima, ma dopo tutta quella strada non si poteva tornare indietro a mani vuote. Ci sono dei giovani incaricati appositamente di scattare le foto per venderle all’interno del negozio interamente dedicato alla saga di Harry Potter, che vi prestano pure la sciarpa (della vostra casata) e una bacchetta per rendere tutto più scenografico, ma ciò non implica che non possiate arrangiarvi.
L’ultima giornata l’abbiamo riservata al coloratissimo quartiere di Camden Town, con le sue strade animate da artisti di strada e street food. Dulcis in fundo, non potevamo lasciare Londra senza una passeggiata a Portobello Road, ma soprattutto a Notting Hill, il tranquillissimo quartiere in cui è ambientato l’omonimo film, caratterizzato da case a schiera color pastello, molte delle quali presentano il caratteristico portone blu, come quello dell’appartamento del protagonista interpretato dal giovane Hugh Grant, anche se quello ripreso nel film è situato al 280 Westbourne Park Road.
Tra i luoghi visitati che non ho citato ci sono lo Sky Garden, con una vista panoramica su tutta la città, il negozio di giocattoli di Hamleys, in cui ero stata anche a Praga, il mercato di Covent Garden e il quartiere di Soho, dove ci siamo fermati a mangiare un ramen (non proprio tipico). A pensarci bene, non ho nessuna informazione sul cibo inglese! A cena ci siamo sempre arrangiati e a pranzo abbiamo mangiato che capitava in giro.
Come in ogni viaggio che si rispetti c’è qualcosa che sfugge e per il quale ci si morde la lingua una volta tornati a casa. In questo caso, oltre alla visita mancata alla National Gallery, ci siamo persi anche il Big Ben che dal 2017 a quest’anno è rimasto coperto dai ponteggi per i lavori di restauro e molto altro che richiederebbe un altro viaggio.
Conosciutissima e visitatissima, Londra potrà apparire un po’ grigia, punteggiata solo dalle cabine telefoniche rosse (se ne vedete apparire una blu della polizia, bussate, potrebbe essere il Tardis del Dottore), ma chi ci è stato avrà percepito la vitalità che esplode nelle diverse zone della città, tutte collegate molto bene dalla rete metropolitana, grazie alla quale è davvero facile spostarsi e orientarsi. A tal proposito: abbiamo sempre preso la metro, mai uno degli iconici double-decker bus (mannaggia).
Al prossimo viaggio!
Abigyle Alzetta