Tutto ha avuto inizio il 27 dicembre 2020, con il cosiddetto “Vaccine Day”, che segnò l’inizio ufficiale della campagna di vaccinazione europea contro il covid-19.
In Italia, la distribuzione del vaccino ha avuto inizio il 31 dicembre, seguendo le linee guida del Piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2 elaborato dal ministro della salute Roberto Speranza con il commissario straordinario per l’emergenza (allora il dott. Arcuri), l’Istituto Superiore di Sanità, Agenas e Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), e presentato il 2 dicembre 2020, approvato con decreto del 2 gennaio 2021.
Tra i punti fondamentali del piano oltre, a stabilire gratuità, gestione della logistica, l’identificazione delle categorie con priorità e un sistema informativo trasparente, troviamo una previsione sulla quantità di dosi disponibili.
Da quando è stata pubblicata la sequenza genetica del virus (11 gennaio 2020), infatti, scienziati, industrie e altre organizzazioni in tutto il mondo hanno collaborato per sviluppare il prima possibile vaccini sicuri ed efficaci contro il covid-19. Secondo la panoramica dell’OMS, il 22 gennaio 2021 erano 237 i vaccini candidati in corso di sviluppo.
In Europa finora sono stati autorizzati dall’EMA (European Medicines Agency) 3 vaccini: i primi due, con tecnica a mRNA (RNA messaggero), prodotti da Pfizer-BioNTech (Usa-Germania) e Moderna (Usa), il terzo, più recente e ancora in fase di studio per alcune fasce d’età, prodotto dall’azienda anglo-svedese AstraZeneca, in collaborazione con l’Università di Oxford. Secondo gli accordi sottoscritti dalla Commissione Europea (aggiornati al 12 febbraio 2021), inclusi nel piano strategico per la vaccinazione del Ministero della Salute, la stima delle dosi da distribuire in Italia raggiungeva le 450 migliaia a dicembre. Nel primo quadrimestre di quest’anno si stima di raggiungere quota 15 milioni, con un picco di 78,8 milioni di dosi nel terzo quadrimestre 2021 (luglio-settembre).
Generalmente, lo sviluppo di un vaccino è un processo lungo, che necessita dai 7 ai 10 anni, durante i quali avvengono ricerche a tappe, che includono i test di qualità, la sperimentazione in laboratorio e la sperimentazione clinica sull’uomo. Durante le varie tappe si monitora la sicurezza e si continuano gli studi sulla preparazione biologica contenuta nel vaccino. In Europa il processo di produzione si conclude quando l’azienda farmaceutica sottopone all’EMA il proprio prodotto, che deve essere sicuro ed efficace. Approvato dall’EMA e dalla Commissione Europea, il farmaco, in questo caso il vaccino, inizia a essere prodotto su ampia scala. Gli studi sui vaccini contro il covid-19 sono iniziati nella primavera 2020 e in meno di un anno, a dicembre 2020, il primo vaccino era già autorizzato alla distribuzione.
Ma come è stato possibile realizzate tutto in così poco tempo?
La risposta è da ricercare in più fattori, a partire dalla ricerca: erano già state condotte ricerche sulla tecnologia RNA messaggero e studi sui coronavirus umani correlati al SARS-CoV-2 che hanno provocato SARS e MERS in passato.
Inoltre sono state messe a disposizione ingenti risorse umane ed economiche in tempi molto ristretti; insieme alla conduzione parallela delle varie fasi di valutazione e studio e alla produzione del vaccino contemporanea al processo di autorizzazione, ciò ha snellito la parte burocratica e amministrativa del processo.
Da ultimo, la valutazione da parte delle agenzie, come l’EMA, è avvenuta man mano che i risultati venivano ottenuti, invece che dopo il completamento di tutti gli studi, come si è soliti fare.
Ecco un’ analisi schematica del funzionamento degli unici (per ora) tre vaccini in commercio in Italia:
Pfizer-BioNtech:
Utilizza la tecnologia a RNA messaggero. Invece di inoculare l’antigene (la parte del virus che stimola la creazione di anticorpi), si inocula la sequenza genetica che fornisce le istruzioni per produrre l’antigene covid. Le molecole di mRNA vengono inoculate tramite una nanoparticella che permette loro di entrare nelle cellule. Una volta al loro interno l’mRNA istruisce le cellule su come produrre da sole l’antigene (proteina spike di SARS-Cov-2), che stimolerà la creazione di anticorpi, preparando il sistema immunitario a qualsiasi futura esposizione al virus. Questa tecnologia permette di sviluppare una difesa immunitaria senza che il vaccino contenga traccia del virus.
Previene con un’efficacia del 95% il contagio ed è indicato dai 16 anni in su, due dosi a distanza di almeno 21 giorni. Effetti collaterali riscontrati: lieve dolore nel sito di iniezione, stanchezza e mal di testa, febbre (risolta in pochi giorni).
Moderna:
Il 6 gennaio EMA raccomanda l’autorizzazione al commercio, il 7 gennaio è approvato dall’AIFA, come già a dicembre dalla FDA americana (Food and Drugs Administration).
Anche in questo caso si tratta di un vaccino basato sulla tecnologia a RNA messaggero, utilizzando la stessa proteina spike del virus SARS-CoV-2. Differisce dal vaccino Pfizer-BioNtech per l’età di somministrazione, a partire dai 18 anni, e per la distanza tra la somministrazione delle 2 dosi, 28 giorni l’una dall’altra.
AstraZeneca:
Autorizzato dall’EMA il 29 gennaio, in Italia viene approvato dall’AIFA il 30 gennaio. Rispetto ai vaccini Pfizer-BioNtech e Moderna, quello di AstraZeneca, in collaborazione con l’Università Oxford, sfrutta la tecnica del vettore virale. Utilizza infatti una versione indebolita dell’adenovirus dello scimpanzè, che non è più in grado di replicarsi, ma che, una volta inoculato, intaccherà le cellule fornendo loro le istruzioni per produrre la proteina spike di SARS-CoV-2, cioè l’antigene. Una volta prodotta, la proteina stimolerà una risposta immunitaria al covid e il virus, incapace di moltiplicarsi, verrà eliminato dopo aver svolto il suo compito. La tecnologia è la stessa alla base del primo vaccino approvato per Ebola, alla fine del 2019.
L’efficacia è del 59,5%, ma a seconda dell’intervallo tra la somministrazione delle due dosi va dal 62,6%, con un intervallo compreso tra 3 e 23 settimane, all’82% quando la seconda dose viene somministrata nel corso della dodicesima settimana. Può essere somministrato dai 18 ai 55 anni, in quanto non si hanno ancora sufficienti dati sulle fasce d’età over 55, anche se i risultati ottenuti finora sono favorevoli anche nei soggetti di età più avanzata. AIFA suggerisce comunque l’utilizzo preferenziale dei vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) nei soggetti più anziani o a più alto rischio di sviluppare una malattia grave.
Nei prossimi mesi assisteremo all’autorizzazione di altri vaccini, ad esempio in queste settimane è in discussione l’adozione del vaccino Johnson & Johnson che utilizza, come AstraZeneca, la tecnica del vettore virale, ma con la promessa di un’efficacia maggiore, essendo addirittura monodose, caratteristica fondamentale in un momento in cui scarseggiano i vaccini.
Molte altre nazioni inoltre hanno già pronto o sono in procinto di commercializzare il proprio vaccino, possiamo citare la Russia con il suo Sputnik V, o Cuba, che è entrata da poco in una delle fasi ultimali della sperimentazione con il Soberana 2.
Come conclusione è bene citare il sito dell’istituto superiore di sanità, da cui sono stati presi i dati per realizzare l’articolo: https://www.epicentro.iss.it/vaccini/covid-19
Inoltre una risorsa utile, che mostra il rapporto, aggiornato in tempo reale, sulle vaccinazioni in Italia, divise per regione, età, sesso e categoria: https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/
Ruben Castellarin