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Voci Di Corridoio

Ho trovato uno scrittore e l’ho intervistato.

Spesso mi sento dire che dovrei scrivere ma altrettanto spesso mi sento paralizzata dall’idea che un giorno, per sbaglio (una cosa del genere accadrebbe solo ed esclusivamente per errore), un mio manoscritto sbagliato finisca nelle mani della persona giusta e quest’ultima diffonda in tutto il mondo le mie generalità mettendo così una lapide grossa quanto il Monte Bianco sul mio ego e sulla mia carriera. Se la persona in questione mi sta leggendo, avrei una richiesta: sulla lapide, per favore, incida “è tutto sonno arretrato”.

Poco tempo fa ho avuto il piacere di incontrare e conoscere uno scrittore (di quelli veri, che guadagnano soldi veri dalle cose più o meno vere che scrivono), si chiama Enrico Stel, è un ex studente Uniud, di cose ne pubblica parecchie e mi ha concesso qualche domanda. 

Cosa scatta nella testa di chi decide che da quel momento comincerà a scrivere qualcosa con il fine di pubblicarlo? 

Ho avuto spesso il timore di confrontarmi con il mondo ma allo stesso tempo ho sempre sentito il bisogno di raccontare dei personaggi, più che delle storie. Dieci anni fa ho messo da parte le mie paure e nonostante pensassi di essere l’unico capace di decifrare i miei scritti, mi sono reso conto che là fuori c’era qualcuno interessato a ciò che avevo da dire. Seguo una mia regola fondamentale: prima di dire qualunque cosa mi assicuro che ci sia qualcuno interessato ad ascoltarla.

Esiste una Calliope per ogni scrittore? 

Una persona, diverso tempo fa, mi ha stimolato a portare a galla diverse mie storie, ma non ho una vera e propria Musa. L’ispirazione la trovo ovunque, sono bombardato da stimoli, devo dire che spesso manca più la concentrazione che lo stimolo vero e proprio.

La stesura di un mio romanzo dura dai due ai tre mesi, in quel periodo non sempre sono sul pezzo. Per scrivere devo essere infelice, gli stimoli nascono da esperienze negative, da quelle cose che ci teniamo dentro e piano piano marciscono. Tutti i miei romanzi di successo nascono da periodi poco felici.

E quando Calliope muore e non c’è defibrillatore in grado di rianimarla?

Mi sono reso conto che non serve vivere male un periodo di ferma. Anni fa mi sentivo in colpa se mi concedevo delle uscite durante il fine settimana perché sentivo di sprecare tempo. Nel 2020 non pubblicherò nulla e nonostante fossi solito a pubblicare almeno uno o addirittura due libri all’anno, non mi sento più in debito. Ho capito che prefiggersi degli obiettivi ogni giorno è controproducente al meccanismo creativo, è come forzare un bambino a studiare. La creatività è come un muscolo e va allenata ma richiede anche riposo e così ogni tanto il cervello ha bisogno di tirare i remi in barca.

Quanto conta la salute mentale per uno scrittore?

La creatività è un po’ come la follia, è una valvola di sfogo, non si può certo dire che uno che si mette a nudo su dei fogli bianchi sia tutto in bolla. 

E il rapporto con le case editrici? 

Nel 2020 è più facile rispetto ad anni fa. Oggi ci sono molte case editrici, ne spuntano di nuove ogni anno. C’è però una disponibilità limitata nell’accogliere gli esordienti, si da spesso la precedenza ai neo scrittori con una fanbase nutrita sui social. Ultimamente una delle prime cose su cui si informano le case editrici sono il numero di follower e l’ingaggiamento dei profili.

Juliana de Azevedo Frasson