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Il mio giardino tradito: la storia dei Finzi Contini tra libro e film

Era il 1962 quando Giorgio Bassani, uno degli scrittori più autorevoli del 900, diede alle stampe Il giardino dei Finzi Contini. Il romanzo uscì in un momento chiave per il rinnovamento letterario: negli anni ‘60, infatti, i testi di Fenoglio, Meneghello, Levi e Ginzburg iniziano a circolare affollando il panorama letterario. Il libro di Bassani non venne però subito apprezzato: definito un “libro per signorine” e criticato per la prosa troppo tradizionale, acquistò la fama solo più tardi.  

La storia ruota attorno alla famiglia Finzi Contini, i cui membri, ebrei di origine e appartenenti all’alta borghesia ferrarese, vivono in un isolamento autoimposto, chiusi in un mondo privilegiato quanto solitario all’interno della loro vastissima tenuta, quasi inconsapevoli dell’orrore che li travolgerà di lì a poco. Attraverso la storia della (fittizia) famiglia e dei vari personaggi che le ruotano attorno, Bassani si ripropone di tracciare il percorso storico della maggioranza degli ebrei ferraresi. 

Il giardino dei Finzi Contini diventa così un luogo simbolico, immagine della reclusione che vivono gli ebrei a partire dalle leggi razziali del ’38, nonché della distanza ed emarginazione che la stessa comunità ebraica talvolta assume rispetto alla società.

Il capolavoro di Bassani è tale da catturare l’attenzione di Vittorio De Sica, che decide di farne un film. Nonostante l’entusiasmo iniziale, Bassani si trova presto a dover prenderne le distanze. Sono infatti numerosi i cambiamenti apportati, tra scene aggiunte e altre omesse. Bassani vi si oppone in un intervento dal titolo Il mio giardino tradito, pubblicato su L’Espresso nello stesso anno di uscita del film, il 1970.

È indubbio che il film di De Sica sia un capolavoro, commovente e avvincente quanto basta, ma quanto distante dallo scritto originale? Sono di fatto numerose le incongruenze nella trasposizione filmica.

Prima fra tutte l’identificazione del protagonista nello stesso Giorgio Bassani, quando nel romanzo l’io narrante non ha nome. Una scelta non casuale che risponde alla precisa volontà dell’autore di non cadere nell’autobiografico.

Seconda è la diversa caratterizzazione dei personaggi. Tutto sembra ruotare attorno alla relazione amorosa tra Giorgio e la bella Micol Finzi Contini, relazione forse però troppo cercata e forzata, che porta a ridurre la storia a un romanzetto rosa, allontanandosi da quello che voleva essere il messaggio di Bassani.

Va ricordato che tutti i personaggi vivono in prima persona l’avvento delle leggi razziali e Bassani, allievo di Proust in tal senso, parte dagli effetti per descrivere gli eventi che ne sono la causa. Così proviamo assieme ai protagonisti l’indifferenza, l’emarginazione, la paura, che lentamente calano nelle loro vite, infettandone la quotidianità, e segnando per sempre la loro giovinezza, bruscamente interrotta dalle nefandezze della storia.

Mentre nel film il personaggio di Giorgio viene quasi messo in secondo piano, a spiccare è la figura di Micol, che ci viene presentata quasi come una femme fatale: ammaliatrice e capricciosa, lunatica e viziata, insomma, quanto mai antipatica. Micol invece è tutt’altro che superficiale, ha capito prima degli altri il risvolto che il nazismo avrà sulle loro vite, ma, rifiutatasi consapevolmente di lasciarsi andare alla malinconia, rimane prepotentemente attaccata alla realtà. Il suo rifiuto nei confronti del protagonista non è mai del tutto convinto ed è frutto del momento storico che vivono. Inoltre, la scena d’amore che la vede protagonista assieme a Malnate nel libro non è presente, se non come timore e pensiero nella mente del protagonista.

Infine, le aggiunte come la scena finale, dove alcuni funzionari fascisti prelevano la famiglia Finzi Contini e il padre dello stesso protagonista, sembrano voler richiamare il fatto politico più di quanto Bassani faccia nel romanzo. In Bassani vi è denuncia, ma velata. L’obbiettivo non è criticare il momento storico, ma far riflettere il lettore, chiedendogli di partecipare emotivamente immedesimandosi nei personaggi.

I Finzi Contini non sono esistiti, ma il loro destino è comune a quello di tanti altri; tramite la loro storia Bassani ridà voce a chi ne è stato privato.

Giulia Fumolo

Scena tratta dal film di Vittorio De Sica, "Il giardino dei Finzi Contini", 1970

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