Chi non ha mai sentito nominare Il codice da Vinci?
Oltre ad aver originato un film con l’affascinante volto di Tom Hanks a interpretare il protagonista, il famoso bestseller di Dan Brown ha venduto ben 85 milioni di copie a livello mondiale, entrando così nella storia della letteratura e conquistando il cuore di numerosi lettori.
Il romanzo segue le vicende del professore di simbologia Robert Langdon, già protagonista di altri libri di Brown, che si ritrova accusato di un omicidio avvenuto all’interno del Louvre. Da principale sospettato e bersaglio dell’Interpol, diventa presto alleato di Sophie Neveu, crittologa nonché nipote dell’uomo assassinato, fino a divenire elemento fondamentale per la risoluzione del caso. Un mistero intricato e inaspettato avvolge la morte del curatore del famoso museo francese, un nodo che viene districato pagina dopo pagina con uno stile accattivante e del tutto comprensibile.
Il libro, un thriller che tra un colpo di scena e l’altro lascia col fiato sospeso fino all’ultima pagina, ruota attorno alla figura di Leonardo da Vinci, menzionando diari e messaggi nascosti dietro ai suoi dipinti che diventano parte integrante – se non la chiave stessa – per risolvere il delitto. Quando si nomina da Vinci, le prime cose che ci vengono in mente sono i suoi dipinti, la sua carriera da pittore e la sua sensibilità artistica. Ciò che però molti non sanno è che Leonardo, prima di essere un artista, era uno scienziato, un appassionato di anatomia, architettura e filosofia. Sono numerosi gli ambiti nei quali ha lasciato la sua impronta senza che noi ne siamo consapevoli. Questa sua ardente curiosità e creatività ha creato un alone di mistero attorno alla sua figura, come i suoi studi di anatomia: si dice che riesumasse i cadaveri per studiare più da vicino il corpo umano.
Era un personaggio particolare, estremamente ingegnoso. Basti pensare alla sua tendenza a scrivere da destra verso sinistra, una tecnica per evitare che le persone leggessero le sue lettere, oppure numerosi rebus e le frasi in codice da lui inventate. Queste ultime, ovviamente, non potevano non essere messe in evidenza nel romanzo di Dan Brown per analizzare alcune delle sue opere più famose.
Ecco a voi un paio di esempi!
L’uomo vitruviano e phi, il numero perfetto
L’uomo vitruviano è un disegno a penna e inchiostro di Leonardo, che si era posto l’obbiettivo di rappresentare le proporzioni ideali del corpo umano. Esso, infatti, si incastra perfettamente all’interno di due figure di un cerchio – simboleggiante il Cielo e la perfezione divina – e di un quadrato – rappresentazione della Terra e della mortalità.
Nel romanzo, l’opera permette di fare numerosi riferimenti agli studi anatomici di da Vinci e al numero phi (φ), 1,618. Questo numero deriva dalla sequenza di Fibonacci (una progressione infinita di numeri in cui i primi due termini sono 1 e 1, ogni altro termine successivo è uguale alla somma dei due che lo precedono), in cui il rapporto tra due numeri consecutivi tende ad approssimarsi sempre più a 1,618 (per esempio 3:2=1,5; 13:8=1,625; 89:55 = 1,61818). Per intenderci meglio, parte della sequenza è proprio 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13… e così via.
Phi, nel corso dei secoli, viene denominato “proporzione divina” da parte di alcune correnti religiose, in quanto sembrerebbe essere onnipresente in natura: se si prende il numero di femmine in un alveare e lo si divide per quello dei maschi, si otterrà 1,618; i semi di girasole crescono secondo spirali opposte e il rapporto tra una rotazione e la successiva è proprio phi.
Leonardo era convinto che la struttura umana fosse divina e dissotterrava i corpi per confermare le proporzioni esatte della struttura ossea umana. Fu proprio lui a dimostrare che il corpo umano è costituito da elementi che stanno tra loro in rapporto di phi: se prendiamo la nostra altezza e la dividiamo per la distanza da terra del nostro ombelico, otteniamo 1,618; se misuriamo la distanza fra la nostra spalla e la punta delle dita e la dividiamo per la distanza tra il gomito e la punta delle dita, avremo di nuovo phi.
La Monna Lisa: cosa nasconde quel sorriso enigmatico?
La Gioconda, non c’è dubbio, è una delle opere più famose che siano mai state create al mondo. Nonostante la sua semplicità, è stata oggetto di studi e analisi e ha ispirato numerosi testi e teorie. Era l’opera preferita di Leonardo, che la portava con sé ovunque andasse: “La mia più sublime espressione della bellezza femminile”, così la definiva da Vinci.
Lo sfondo dietro al volto della donna è irregolare: a sinistra, infatti, si può notare come la linea dell’orizzonte sia molto più bassa rispetto a quella destra. Ovviamente non si tratta di un errore – da Vinci non sbagliava mai – bensì di un trucco per far apparire la Monna Lisa più grande da sinistra che da destra. Il motivo? Storicamente ai due lati sono stati associati i concetti di femminile e maschile: il primo alla sinistra e il secondo alla destra. Dan Brown ci spiega come Leonardo, presuntivamente dedito all’esoterismo e sostenitore del principio femminile, abbia cercato di realizzare un’illusione per far sembrare la donna più maestosa da sinistra invece che da destra.
Ben più diffusa è l’opinione che la Gioconda non sia altro che Leonardo vestito da donna, fomentata da alcune analisi svolte al computer che hanno rivelato delle strane coincidenze sovrapponendo i due volti.
Brown ha inserito nel romanzo una propria supposizione: il nome dell’opera ne rivelerebbe l’androginia. Infatti, similmente, nell’antico Egitto Amon e Iside erano considerati rispettivamente il dio e la dea della fertilità. La cosa si fa interessante quando prendiamo in considerazione l’antico pittogramma della dea, ovvero “L’Isa”. Non solo, quindi, la faccia della Gioconda ha un aspetto androgino, ma il suo stesso nome è l’anagramma della divina unione tra uomo e donna: Amon L’Isa, Monna Lisa.
Martina Dugaro