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Attraversata dai suoni: Weller nelle orecchie, Venezia negli occhi

mùṡica s. f. [dal lat. musĭca, gr. μουσική, femm. sostantivato dell’agg. μουσικός «musicale» (sottint. τέχνη «arte»)]. – 1. a. L’arte che consiste nell’ideare e nel produrre successioni strutturate di suoni semplici o complessi.

Fare nuove conoscenze è sempre un’esperienza entusiasmante, tanto più quando alla novità è abbinata un’affinità, la sensazione di conoscere qualcuno o qualcosa da sempre, e stupisce pensare a come possa essere stata la nostra esistenza prima di questo incontro.
A volte i personaggi di un libro o di un film dicono qualcosa che mi tocca nel profondo e da quel momento in poi accompagnano le mie giornate, sanciscono una fase della mia vita, ne diventano un sottofondo. Questa volta è capitato con un artista musicale di grande fama, ma che per mia sfortuna (o fortuna?) non avevo mai sentito prima.

Paul Weller è un artista eclettico, eccentrico, anticonformista. Lo stile inconfondibilmente impeccabile, la voce dolcemente ruggente, l’atteggiamento anticonvenzionale.
Quando un mio collega di lavoro mi ha fatto ascoltare la prima canzone dell’artista britannico che io avessi mai sentito, è stato un po’ come quando qualcuno ti presenta un suo caro amico, una persona che a suo parere dovresti assolutamente conoscere. Mi ha piacevolmente sorpreso scoprire quanto potessi apprezzare la sua musica. Lo strimpellare delle corde vocali unito a quelle della chitarra, mischiato al borbottio di un traghetto che naviga di sera lungo i canali di Venezia; cullata da onde, luci artificiali e non, mille riflessi marini e sonori che mi attraversavano. Le sue canzoni mi hanno fatto sentire a casa, in un momento in cui la mia casa fisica non era più così stabile. Un periodo un po’ frenetico, fatto di cambiamenti a cui adattarsi, che possono spaventare. La musica nelle cuffiette ha talvolta il potere di non farci più sentire soli, ma semplicemente dove dovremmo essere; diventa un luogo in cui rifugiarci, dove poter riposare come dopo un lungo viaggio. Può darci serenità e al contempo rendere tutto più vitale, getta una luce nuova ed emozionante sulle cose che ci circondano.

Non mi è mai piaciuto conoscere vita, morte e miracoli di un cantante. So che molte persone avranno un’opinione differente, soprattutto gli amanti del mondo musicale, e sono tutt’altro che contraria alla curiosità e all’amore per il sapere. È questo però da sempre il mio modo personale di vivere la musica, quasi come se esistesse di per sé e non fosse nata per mano di una persona, seppur sia assolutamente giusto che un artista goda di tutto il successo e il riconoscimento possibile. Sono tuttavia convinta che talvolta un solo assaggio della vita di qualcuno, se scelto il giusto boccone, possa farci gustare meglio l’esperienza, renderla unica. D’altronde, è comunque impossibile sapere tutto di una persona e talvolta la frenesia di conoscerne ogni dettaglio può portarci a una delusione. La felicità sta forse più nel goderci quel poco che siamo in grado di cogliere, senza preoccuparci di quanto invece non sapremo mai. In ogni caso, mentre ascolto Weller non penso a tutto questo; mi lascio semplicemente scivolare nel suono, che fluisce dentro di me, diventando parte di me.

Vivo spesso la musica da ignorante del settore, tutta cuore e niente testa, che si lascia trasportare dalle emozioni del momento, che inconsciamente lega una canzone a una situazione particolare della propria vita. Diciamo che la musica è una delle poche cose che riesco a non prendere troppo sul serio, nel senso che mi permette di staccare, lasciarmi andare, sentirmi libera, viva, senza pensarci troppo, come fosse una cosa naturale.
Penso che questo abbia anche a che fare con il fatto che mi lascio incantare dal suono delle parole prima di notarne il significato. Che forse è un po’ come apprezzare una melodia senza sapere da quali note sia composta. Questo probabilmente un residuo d’infanzia, di interminabili viaggi in macchina, sonnecchiando, con un sottofondo di vecchie canzoni, in italiano e in inglese, proveniente dal suono dolcemente rauco di un’audiocassetta. Allora la mia conoscenza dell’inglese non era ovviamente quella attuale, e talvolta anche i testi di certe canzoni nella nostra lingua materna possono risultare poco comprensibili da bambini. Il mio primo approccio a una nuova canzone è rimasto questo; per un po’ non cerco di imparala a memoria, lascio che mi si presenti a poco a poco, solo una volta che capisco che mi piace davvero vado a scoprirla fino in fondo.

Amo abbinare musica e movimento, non riesco a stare ferma quando la ascolto. Che viaggi su un qualsiasi mezzo di trasporto o sulle mie gambe, mi piace lasciare che il suono fluisca come fa il mondo attorno a me, dove paesaggi si alternano come le note nelle mie cuffiette. Mi sembra così di seguire il flusso dei suoni, che il mio incedere ne sottolinei il ritmo, e viceversa. Ho spesso la sensazione di sentirmi immersa nella scena di un film, dove colonna sonora e movimenti sono un tutt’uno.

Le canzoni ci parlano, inevitabilmente. Sembra assurdo, ma una canzone che ascoltiamo per caso in un certo momento della nostra vita sembra dirci esattamente quello che vogliamo sentirci dire, esprime perfettamente quello che sentiamo; melodia e significato sono perfetti per noi in quel preciso momento, sembrano scritti apposta. Ma le canzoni non solo dicono qualcosa a noi, diventano anche la nostra voce, il modo in cui vogliamo e possiamo dire qualcosa agli altri. Molto spesso qualcosa che non è esprimibile a semplici parole, che non potremmo formulare in modo altrettanto calzante. Quante canzoni avrete dedicato nella vostra testa? Incalcolabili. E come poter rimpiazzare la magia di un momento come la condivisione, in silenzio o cantando, di una canzone con una persona, vivendo per qualche minuto insieme nella medesima dimensione, comunicando senza comunicare, semplicemente esistendo, ascoltando e ascoltandosi.

Non intendevo scrivere un semplice articolo su Paul Weller; di informazioni su questo artista ne troverete sicuramente di più accreditate e precise altrove. Desideravo descrivere invece il mio Weller, cosa ha significato per me in un particolare momento della mia vita, e approfittare di questa occasione per riflettere sulla musica in generale, su come la viviamo, che effetto ci fa.

Chi può sapere che la sua musica non vi parli come hanno fatto con me? Che aspettate, cercate Paul Weller su Spotify! Ecco le canzoni che hanno ispirato la stesura di questo articolo:

Shades Of Blue
Broken Stones
Changingman
Black Sheep Boy
All The Pictures On The Wall
Can You Heal Us (Holy Man)
Foot Of The Mountain
Price To Pay
Sunflower

Ginevra Gagliardi

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