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Il Salotto Letterario

Amrita Sher-Gil

“La Frida Kahlo indiana”.

L’eurocentrismo è un problema! Con connotazioni, perlopiù negative, il crescente ricorso a questo termine ha unito, a partire dalla seconda metà del XX secolo, una varietà di critiche rivolte a una visione del mondo accusata di considerare l’Europa, o l’Occidente, come principale protagonista e come centro della storia e della civiltà. Il fenomeno ha ripercussioni anche nei manuali di storia dell’arte. Dall’arte minoica in poi, i libri di testo danno voce essenzialmente ad artisti europei. Gli unici ad avere il privilegio a parte gli europei, di entrare nei manuali di storia dell’arte sono gli americani nella seconda metà del Novecento.

Tutto ciò, ha creato numerosi outsiders di talento. “ […]Gli outsiders sono perdenti per definizione. Non scelgono mai i luoghi e le date giuste per nascere, creare, amare, morire. Vivono in mondi paralleli. E hanno sempre l’indirizzo sbagliato […]”, è così che Alfredo Accatino racconta gli outsiders nella storia dell’arte. Come non inserire quindi nell’ élite di outsiders di talento Amrita Sher-Gil, nata da Umrao Signh Sher – Gil Majithia, aristocratico sikh, erudito e fotografo, e da Marie Antoinette Gottesman, ebrea ungherese e cantante lirica. Amrita è oggi considerata forse la più importante pittrice asiatica del XXI secolo. Nasce il 30 gennaio 1913 a Budapest. A otto anni si trasferisce in India. È intelligente, pronta, vivace e dimostra subito una predisposizione per le arti. La madre instaura una relazione clandestina con lo scultore italiano Giulio Cesare Pasquinelli. Quando quest’ultimo nel 1924 decide di tornare a casa in Italia, pensa che è un’ottima occasione per far studiare pittura alla piccola Amrita. A undici anni, si trasferisce con la madre e il suo amante a Firenze, dove Amrita s’immerge nell’arte rinascimentale. Dopo un rapido ritorno in India, giusto il tempo di diventare donna, La pittrice è pronta per il grande salto, continuare gli studi nella capitale culturale europea: Parigi.

Frequenta i corsi della Grande Chaumiere, quindi l’école Des Beaux-Art. Di giorno. Di notte, diventa un personaggio noto della vita mondana parigina. Amrita è anche l’unica donna asiatica ammessa al Salon parigino, nel 1933. L’artista colleziona riconoscimenti, ammiratori e amanti di ambo sessi . Dopo un periodo di sperimentazione e di accademismo formale, abbandona l’occidente e la sua arte, per una riappropriazione delle sue radici. Nel 1934, si trasferisce a Summer Hill, la residenza di famiglia a Shimla in India. Nella sua madrepatria, approfondisce la propria ricerca sulla materia e cerca di consolidare anche nei colori, una reale identità indiana. È attenta a raccontare la vita dei poveri e dei rappresentanti delle caste più umili. Contro la volontà della famiglia, Amrita sposa nel 1938 il cugino. Lo ama, ma lo tradisce ripetutamente, con uomini e donne che spesso usa come modelle. Nel 1941, pochi giorni prima dell’apertura della sua prima grande mostra personale, si ammala gravemente, cade in coma e muore il 5 dicembre. L’artista lascia un’impronta indelebile nella cultura indiana contemporanea. Salman Rushdie si è ispirato a lei nel 1995 per tratteggiare la protagonista del suo romanzo L’ultimo respiro del Moro.  La sorella minore di Amrita, madre dell’artista contemporaneo Vivan Sundaram che spesso utilizza la figura di sua zia nella propria ricerca.

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