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Dungeon and Dragons – L’onore dei ladri

Paramount supera il tiro salvezza

L’unica cosa che accomuna Dungeon & Dragons – L’onore dei ladri al tentativo mal riuscito antecedente di portare questo gioco di ruolo sul grande schermo è l’ambientazione di Forgotten Realms. La versione di New Line Cinema del 2000 fu un vero e proprio disastro, mentre sembra che Paramount abbia capito quale approccio adottare: le campagne dei GDR vengono svolte in gruppo e quindi tutti i personaggi sono fondamentali e devono muoversi insieme per la riuscita di una missione e rendere protagonista il bardo è una vera chicca. In fondo chi meglio di un oratore può raccontare l’intera storia?

Non è certamente un capolavoro fantasy, come lo è stato Il Signore degli Anelli, ma per tutti i fan è godibile e pieno di easter-egg apprezzabili, mentre per i profani è un bel film leggero da guardare con gli amici per farsi qualche risata. È alla portata anche di chi non ha mai avuto a che fare con questo mondo, perché si tratta di circa due ore di azione, combattimenti e buoni sentimenti. Il fatto che sono ambientati sulla Waterdeep o a Icewind Date e pieni di orsigufo e cubi gelatinosi è un plus che i fan apprezzeranno pienamente, ma che non è necessario conoscere. Per gli elementi più importanti, invece, ci sono delle scene in cui viene spiegato il contesto, anche se non approfonditamente, dato che per conoscere tutta l’ambientazione di Forgotten Realms ci vogliono circa una trentina di libri scritti da Robert Anthony Salvatore e altrettanti manuali di gioco. È un’ambientazione che viene sviluppata ormai da 40 anni, quindi se credete che l’universo tolkeniano sia complesso, è evidente che non avete visto ancora nulla.

Un grande pregio di questo film è che instilla voglia di giocare, perché per tutto il tempo c’è un’atmosfera molto “caciarona” e leggera, ma assolutamente divertente, che rispecchia esattamente le dinamiche di un gioco dettato completamente dalla casualità dei dadi.

I personaggi sono davvero ben riusciti e, agli occhi dei più esperti, non sfuggono le caratteristiche e gli allineamenti: il protagonista Edgin (Chris Pine), è un bardo affascinante dall’alto carisma che è piuttosto inutile durate i combattimenti, ma fondamentale per il morale del party; Holga (Michelle Rodriguez) è una barbara guerriera esperta che pecca di intelligenza e logorrea; Xenk (Regé-Jean Page) è un paladino con la P maiuscola, fortissimo e puro nell’animo, ma flessibile quanto una lastra di cemento; Simon (Justice Smith) è un mago gracilino e sfiduciato che però sa cosa fare nei momenti critici; Doric (Sophia Lillis) è una tiefling, ossia una mezza-demone, druida dall’alta moralità, ma dallo scarso senso dell’umorismo.

Considerando che il budget del film dovrebbe aggirarsi tra i 100 e i 150 milioni di dollari, fa la sua bella figura: le creature sono realizzate e animate in maniera convincente, le scenografie sono spettacolari, i costumi sono ottimi e anche i combattimenti sono coreografati piuttosto bene. Tuttavia il film corre davvero tanto perché questa campagna non è la classica avventura one-shot, bensì dovrebbe comprendere almeno una decina di sessioni. A questo proposito, una delle critiche che mi sento di muovere è che si siano volute mettere davvero troppe cose all’interno di un singolo film.

Che ci sia la possibilità di avere un sequel? È presto per dirlo: molti confidano in un ulteriore sviluppo dell’avventura di Szass Tam e i maghi rossi; alcuni non vogliono un’altra saga gigantesca, bensì un solo film autoconclusivo; altri ancora confidano in una vera e propria serie tv.

In ogni caso erano davvero tante le cose che potevano andar male (soprattutto dopo il tentativo precedente), ma l’operazione è decisamente riuscita e il film supera alla grande il tiro salvezza.

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