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Il Salotto Letterario

Intervista a Stefano Curreli

Case editrici, self-publishing, agenzie letterarie… Ormai il mondo della scrittura offre numerose possibilità ai giovani autori che desiderano vedere le loro opere sugli scaffali, ma Stefano Curreli, insegnante di lettere che di recente ha pubblicato il suo primo libro Atlante non illustrato delle cose perdute, ha deciso di fondare un marchio letterario tutto suo, Spazio Letteratura. Ho avuto l’onore di parlarci telefonicamente e fargli qualche domanda.

Inizierei parlando un po’ del tuo ruolo di insegnante: in quanto tale penso tu ti sia reso conto di come la letteratura venga sottovalutata nonostante sia una materia legata alla sfera emotiva. Secondo te dipende da come viene insegnata? Andrebbe cambiato qualcosa?

La letteratura diventa qualcosa di repulsivo per i giovani soprattutto per il modo in cui viene insegnata. Io cerco sempre di far capire ai miei studenti che la letteratura già la conoscono grazie alla musica che ascoltano, all’interno della quale trovano la semplice urgenza di parole ed espressività. A scuola non viene mai menzionato che letteratura significa “parola al centro dell’opera d’arte”, che è un insieme di opere scritte da autori che sentivano semplicemente l’urgenza di scrivere e che quindi è totalmente distinta da un’urgenza a livello sociale come spesso viene detto. Gli scrittori vengono analizzati come se fossero monumenti e non come persone esistite veramente e con mille sfumature: racconto sempre le imprese di Baudelaire, il suo abuso di alcool o di come abbia dato tutti i soldi della sua eredità a una donna di cui era innamorato e che lavorava in un bordello per salvarla da quella vita.

Oltre a ricoprire il ruolo di insegnante, hai poi aperto una pagina Instagram: “Spazio Letteratura”. Parlaci della sua nascita, di cosa ti aspettavi e degli obiettivi che ti eri prefissato. Li hai raggiunti?

Ho ottenuto più di quanto mi aspettassi, in pochissimi mesi ben 75 mila persone hanno iniziato a seguire la pagina. Nasce dalle ceneri di una rivista che fondai all’università, “Bestemmia”, il cui nome si ispira a Pasolini. L’intento era quello di condividere la mia passione letteraria. Non avevo alte aspettative e volevo creare un piccolo spazio simile a una rivista, infatti inizialmente scrivevo solo articoli, ma successivamente ho modificato il feed perché pubblicare un articolo al giorno era troppo faticoso. Si chiama “Spazio Letteratura” proprio perché è uno spazio aperto, chiunque può inviarmi del materiale e potrebbe essere pubblicato, mi piace lavorare in gruppo.

E ora sta nascendo un vero e proprio marchio letterario. A cosa punti e quali sono gli obiettivi futuri?

È tutto ancora nebuloso, ma si è concretizzato con un bel lavoro di squadra che ha portato all’uscita della prima opera firmata da me: ho parlato con grafici, c’è chi mi ha aiutato con la formattazione del testo e alcuni amici hanno collaborato alla nascita del marchio letterario. Lo definisco tale e non marchio editoriale in quanto voglio rimanere fuori da dinamiche imprenditoriali. C’è un film di Philippe Garrel, Les Amants réguliers, nel quale un personaggio dice: «Io vorrei pubblicare, ma mi sembra di tradire qualcosa nel farlo», e io vengo da questa idea: artisticità prima di tutto, senza rimanere vittime di velleità. Ovviamente non rinnego l’editoria, amo le realtà indipendenti e le grandi case editrici.

Negli ultimi tempi vengono spesso pubblicati libri scritti da influencer o da figure distanti dal mondo della letteratura per questioni di lucro. Questo, a parer tuo, potrebbe avere risvolti positivi, come avvicinare i più giovani alla lettura, o c’è il rischio che resti un fenomeno isolato e quindi negativo?

Ritengo sia improbabile passare da libri simili a un possibile Dostoevskij, è come se i romanzi di queste figure appartenessero a un mondo a parte. Certo, si può scoprire la gratificazione che si ricava dalla lettura, ma se ciò avviene leggendo il libro di un influencer che parla della sua stessa vita, potremmo paragonare il fenomeno a qualcuno che si appassiona di cinema guardando online video di travel blogger: due ambiti simili ma al tempo stesso completamente opposti. È un fenomeno negativo per il mondo della cultura, moltissime – non tutte, ovviamente – case editrici ormai hanno i cataloghi con tanti nomi di questo tipo. Un po’ anche da qui, da una sorta di fastidio, nasce l’idea di Spazio Letteratura: mi piace l’editoria tradizionale, ma non c’è più una distinzione a livello qualitativo, bensì solo quantitativo. 

Cosa pensi del self-publishing, un fenomeno che si sta lentamente facendo spazio nel mondo letterario, cosa ne pensi?

È uno strumento estremamente valido che offre opportunità a tutti e coincide con l’idea dello scrivere come urgenza. Qualche esempio: se si ha in mente un format televisivo, è possibile aprire un canale su YouTube e organizzarlo, non c’è bisogno di operatori Rai o provini per farlo; così come con la musica: si può iniziare caricando canzoni su Spotify o sul web, finché un’etichetta discografica non ti nota. È possibile, dunque, partire dal basso, crescere e arrivare a livelli alti: da YouTube si può passare a servizi su Sky, da Spotify a un tour in giro per l’Italia. Il problema dell’autopubblicazione è, purtroppo, l’assenza di pubblico: è difficile scatenare un passaparola. Per questo con Spazio Letteratura e i numeri in costante crescita voglio dare un’opportunità a chi se la merita.

Molti giovani autori che desiderano pubblicare un libro rischiano di farsi un’idea sbagliata dell’editoria, del suo funzionamento e di cosa dovrebbero scrivere, soprattutto a causa della focalizzazione sulla quantità in termini economici piuttosto che sulla qualità. Secondo te cosa porta, nel quotidiano, a farsi questa idea sbagliata?

Un fenomeno a parer mio insidioso è quello degli Insta Poets, poiché alcuni di loro scrivono cose banali come: «Mi manchi, quindi abbraccio il cuscino», per acchiappare like e pubblico. Poi come per magia diventano scrittori e vengono riconosciuti come tali. C’è quindi il rischio che i giovani autori finiscano in questo flusso di banalità e che si facciano un’idea sbagliata di autenticità. Chi, invece, produce materiale di qualità, finisce per essere oscurato.

Un ultimo consiglio da dare, quindi?

Non livellare mai la qualità verso il basso pur di piacere, il prodotto deve avere un alto livello di letterarietà e autenticità.

Ringrazio ancora Stefano per l’opportunità e vi lascio qui i profili Instagram per maggiori informazioni: @spazio.letteratura e @stefanocurreli.scrittura

E voi cosa ne pensate? Quali sono le vostre idee sull’attuale mondo dell’editoria?

Fatecelo sapere nei commenti!

Dugaro Martina

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