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Ventunesimo Secolo

La complessità: uno strumento per decidere

Nelle ultime settimane il clima nel nostro bel Paese è stato molto teso, soprattutto a causa dell’esito delle elezioni politiche. Il trionfo del centro-destra ha infatti destato il malcontento di una parte della popolazione italiana. Attenzione: non si intende parlare di politica in senso stretto, ma usare la politica per evidenziare che i nostri rappresentanti dovrebbero essere scelti in base alla loro capacità decisionale in un ambiente complesso.

In primis si può definire il concetto di complessità a partire dalla definizione del suo opposto: la linearità. Sostanzialmente, un mondo lineare è un mondo in cui a una specifica azione A corrisponde  una specifica conseguenza B. La corrispondenza è biunivoca. Esempi di tali mondi esistono, basti pensare alla progettazione di un ponte o di una casa. I sistemi che i politici devono affrontare non sono però lineari, ma complessi, perché si tratta di sistemi sociali in cui una singola decisione può determinare un numero elevato di possibili conseguenze che possono perturbare fortemente il sistema di riferimento. Ciò accade in quanto non si possono controllare e prevedere in modo esatto i comportamenti umani ed è anche dovuto alle numerose e nidificate interdipendenze che formano tra gli agenti di un sistema, facendo sì che una singola decisione, presa in una particolare “zona” del sistema, determini effetti su tutti gli altri collegamenti, effetti che possono manifestarsi immediatamente o in un futuro indeterminato. Quindi, un altro problema è che spesso non è possibile osservare immediatamente le conseguenze di una nostra decisione.

Per capire meglio com’è fatto un sistema complesso, immaginatevi un insieme di puntini (gli attori del sistema) che vengono collegati tra loro in modo casuale da una serie di linee (le interdipendenze), facendo si che un’azione locale su un singolo puntino possa determinare numerosi effetti, difficili da prevedere perché, spesso, dipendono da eventi incontrollabili (l’incertezza). In definitiva i sistemi complessi stanno sulla soglia del caos. Ciò significa che, per prendere decisioni in un mondo complesso, bisogna ragionare in modo complesso cercando di comprendere gli eventi in gioco e i possibili effetti presenti e futuri di una specifica decisione. L’unico modo per battere la complessità è usare la complessità.

Ora proviamo ad applicare questi concetti ai decisori politici e vediamo le domande che sorgono: sono in grado, potenzialmente, di ragionare in modo complesso? I loro programmi rispettano questi dettami? Beh, la risposta non è un no secco, ma tende comunque al no. Infatti, tale riflessione è emersa dalla lettura di alcuni programmi politici dei partiti e dalle dichiarazioni pubbliche infarcite di risposte e soluzioni semplici a problemi che non lo sono. Per esempio, in ogni programma erano presenti molte riforme a sostegno delle famiglie, ma nessun programma menzionava da dove e come sarebbero arrivati i fondi per sostenere le promesse e come tali azioni avrebbero influenzato debito pubblico, tassazione e più in generale il benessere futuro della nazione. Questi ragionamenti non erano presenti, pertanto le soluzioni delineate sono ipersoluzioni*, ovvero decisioni con un impatto più negativo che positivo.  

In definitiva, ciò che è emerso è che i nostri decisori politici non ragionano in modo complesso per affrontare il mondo e quindi il rischio che si incorra in problemi in futuro è ancora più elevato. Il focus deve quindi spostarsi dalla soluzione del problema alla modalità con cui il decisore si pone nei confronti del problema, ovvero alla sua capacità di ragionare in modo complesso e di comprendere come possano verificarsi una serie di conseguenze e capire così quale sia la decisione più soddisfacente da prendere e come proteggersi nel caso in cui si verifichino gli effetti più indesiderati, garantendo la stabilità e la prosperità del sistema.

È chiaro che la complessità possa spaventare, perché richiede uno sforzo cognitivo intenso, ma dobbiamo imparare ad accettarla e ad affrontarla, perché ora come ora il nostro mondo è un sistema complesso ed è destinato a diventarlo ancora di più. Inoltre, la complessità ha i suoi lati positivi, perché richiede cooperazione tra persone con background e competenze diverse, perché aumenta il numero delle connessioni con ciò che sta fuori dalla nostra zona di comfort, perché è una sfida e perché ci permette di scegliere i nostri leader in maniera più saggia. Quindi, la complessità può essere usata come metro per decidere chi votare e per costringere la politica a questi ragionamenti. Uno strumento, forse, ancora più potente dei valori e delle ideologie che ci guidano nella scelta.

Se siete curiosi e volete approfondire tali tematiche potete studiare gli effetti delle crisi finanziare, come quella del 2008, gli effetti della pandemia recente e guardare film, come Siccità di Virzi, che fanno emergere tali tematiche, perché il mondo è di chi sa essere complesso.

 

*ipersoluzione: Un’ipersoluzione è una risposta che non considera gli effetti a lungo termine e il quadro generale, ma solo il locale e il presente, causando danni. Esempi di ipersoluzione possono essere le decisioni del Governo di un determinato paese che per combattere un’infestazione di serpenti, eroga compensi in denaro a chi li uccide. Tale soluzione può far si che le persone inizino ad allevare serpenti per poi ottenere i compensi, con la conseguenza che la situazione peggiora rispetto all’inizio. In questo caso la decisione non è stata guidata dalla complessità.

Federico Coppo

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