Esistono destinazioni che vivono di rendita reputazionale: città come Venezia, Firenze, le Cinque Terre, Santorini. Queste località attraggono turisti in massa, spesso senza bisogno di alcuna promozione. La loro capacità attrattiva, tuttavia, può portare a una stagnazione nell’innovazione delle offerte turistiche. Accontentandosi del “comunque siamo pieni”, si decide di ignorare i danni che questo tipo di turismo provoca, illudendosi che sia l’unico modo per continuare a guadagnare.
Disneyficazione: una categoria estetica universale
La Disneyficazione è un linguaggio composto da icone universalmente riconoscibili che supera barriere linguistiche e generazionali. Il termine nasce all’interno dell’industria culturale del XX secolo, e si è presto esteso all’urbanistica, al turismo di massa, all’istruzione e alla divulgazione scientifica.
È stato analizzato anche da Michael Sorkin nel suo libro Variations on a Theme Park: The New American City and the End of Public Space. Sorkin esplora le trasformazioni radicali nelle città americane del XX secolo, che hanno prodotto nuovi modelli di insediamento urbano e nuove utopie urbanistiche, come la Silicon Valley, i centri commerciali e i parchi a tema come Disney World.
Orlando, con i suoi parchi e resort immensi, è diventata la prima destinazione puramente turistica del pianeta negli anni ’90. È un surrogato che punta sull’ideale. Venezia, come i parchi Disney, sta diventando un luogo dove il turista è trasformato in consumatore, tanto che quest’anno si sta testando il ticket d’ingresso in città.
Il movimento pianificato costituisce l’esperienza predominante nella visita a DisneyWorld: ci si muove per le strade artificiali, lungo le interminabili file che si snodano all’ingresso delle attrazioni, e che diventano esse stesse occasione di intrattenimento, parte integrante dell’attrazione. Similmente a Venezia il gregge di turisti segue il percorso segnalato che dalla stazione porta a piazza S. Marco, creando un fiume umano che ogni giorno intasa le vie principali della città.
Il paradigma del turismo moderno
L’afflusso massiccio di turisti mette a dura prova le infrastrutture cittadine e la vita quotidiana dei residenti. L’autenticità della città viene erosa, trasformandosi in una sorta di parco a tema, dove la cultura locale è ridotta a un prodotto di consumo per il turista di passaggio. La bellezza storica e l’importanza culturale di Venezia rischiano di essere sacrificate sull’altare del profitto turistico.
Il turista dei nostri tempi vuole conoscere le tradizioni della cultura materiale, osservare la vita delle comunità locali. Il turista di massa ha un campionario di rappresentazioni storiche, geografiche e artistiche molto limitato e banalizzato. La riproduzione simulata della vita, degli ambienti e delle tradizioni non deve accontentare uno spirito filologico, particolarmente abituato alla cultura, deve soltanto divertire e intrattenere uno spettatore.
Conclusioni
Tirando le somme, l’urbanesimo disneyficato rappresenta un’utopia del movimento continuo, dove lo spazio è solo da attraversare e la cittadinanza è ridotta a consumatori. La superficialità dell’esperienza turistica, focalizzata più sul consumo che sulla comprensione autentica del patrimonio culturale, danneggia sia la città che i suoi abitanti.
Le strategie basate su questo modello possono portare a un cortocircuito tra autenticità e simulazione, minando la vera essenza delle città storiche. Invece di migliorare la gestione del turismo, tali strategie rischiano di creare ambienti artificiali che non fanno altro che alimentare l’overtourism, rendendo insostenibile la convivenza tra turisti e residenti. Venezia, come molte altre destinazioni di fama mondiale, deve affrontare il delicato equilibrio tra preservare la propria autenticità e gestire l’afflusso turistico, senza cedere alle lusinghe di una facile trasformazione in parco a tema.
Sara Cotic