Immaginiamoci di essere un bambino durante una scampagnata in montagna con nostra madre e altri parenti. Il nostro cuginetto decide di farci un piccolo scherzo fingendo di spingerci giù da un’altura. Lo scherzo è innocente e fa ridere tutti, tranne nostra madre che ci abbraccia con una veemenza piena di preoccupazione. Passa il tempo e tra una chiacchierata e l’altra ci troviamo da soli con nostro cugino a giocare, lui si avvicina pericolosamente a uno strapiombo. Piroetta e fa gesti come per ribadire la propria sicurezza nell’equilibrio, ma la sua tracotanza lo porta a perderlo, sta per cadere, lo aspetta un volo di venti metri verso il prato più sotto. Dal nulla sbuca nostra madre che lo salva stringendolo al petto, in un abbraccio sicuro. Tutto si risolve per il meglio e nostra madre sarebbe stata acclamata come eroina dagli altri, non fosse che, dopo averlo guardato negli occhi, lo spinge giù dal dirupo. Dopo attimi che sembrano un’eternità si gira verso di noi facendo uno dei sorrisi più sinceri che una madre possa fare, ricolmo di amore verso il figlio.
Questa è l’introduzione del manga Chi no Wadachi, pubblicato in Italia da Panini con il titolo Tracce di Sangue, creato dalla mano e mente di Shuzo Oshimi. Sono varie le opere da lui pubblicate, Fiori del Male (citazione dell‘omonimo libro di Baudelaire), Happiness, Dentro Mari, Bentornato, Alice. Non mi dilungherò nell’introdurre la trama di ognuno, per quanto consigli la lettura di tutte queste opere, ma sottolineerò il fil rouge che le unisce tutte: l’analisi dell’animo umano nelle sue più disparate forme.
Tracce di Sangue è un’opera di genere horror, ma non un horror come quello di Junji Ito, fatto di immagini assurde e raccapriccianti, né come quello di Kazuo Umezu, con scenari desolanti e orrori alieni, quella di Oshimi è una paura data dall’essere umano stesso. Nata dall’estremizzazione di emozioni che mai noi, o persone a noi vicine, potremmo credere di avere a tal punto. Tracce di Sangue è la storia di un figlio che realizza come sua madre sia un semplice essere umano con emozioni proprie, per quanto deviate, e non una supereroina come molti da piccoli sono portati a credere. Ed è questa consapevolezza che noi tutti siamo costretti ad affrontare, intrecciata a un profondo caos psicologico realistico, che genera il vero terrore nel manga.
Ma come fa Shuzo Oshimi a trasporre tutto questo nei disegni? Certo fosse un libro, sarebbe “semplice” descrivere le emozioni, ma qui siamo in un medium anche visivo e Oshimi trova il mezzo migliore di tutti per canalizzare queste emozioni, il viso. La sua maestria nel disegno lo porta a rappresentare la più piccola emozione senza dir nulla, semplicemente mostrando un viso o, ad esempio, un dettaglio sull’occhio. Il puro terrore che riesce a trasmettere semplicemente disegnando la faccia di una madre smarrita, è qualcosa che non sono mai riuscito a ritrovare in un altro fumetto.
Ritengo che Tracce di Sangue sia il culmine dell’horror psicologico manga, poche cose riusciranno a terrorizzarvi mostrando scene di vita ordinaria. I traumi che l’autore ha subito da piccolo da parte di sua madre, raccontanti da lui alla fine di alcuni volumi dei suoi manga, si riversano in queste pagine, pronte a darvi sogni tutt’altro che sereni.
Vincenzo Cavaliere