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Ri-pensare l’atto fotografico con Moira Ricci

L’articolo riguarda l’incontro: “Da dove nasce una fotografia?” in occasione del Festival Collegamenti all’Università di Udine. Tra i tanti ospiti era presente l’artista Moira Ricci con i suoi cataloghi fotografici.

Giovedì 8 giugno alle ore 19:00 all’Università degli Studi di Udine si è svolto l’incontro: “Da dove nasce una fotografia?” in occasione del Festival Collegamenti in città. Tra i tanti ospiti erano presenti: l’artista Moira Ricci, il docente di estetica all’Università Statale di Milano Andrea Pinotti, la critica e storica della fotografia Roberta Valtorta e Francesco Pitassio, docente di storia del cinema all’Università di Udine, coordinatore e introduttore dell’evento.

“In generale, la ricerca, più che un metodo, dovrebbe essere una condizione, il presupposto stesso di un’opera d’arte”

Il tema dell’incontro è stato il ruolo della ricerca nella genesi di una fotografia. Nel mondo contemporaneo in cui troviamo immagini già ultimate c’è da chiedersi come sono state create. Ecco che la ricerca può essere intesa come un presupposto dietro un’opera d’arte, una fotografia, piuttosto che un metodo.

Il primo punto affrontato è stata l’attuale condizione fotografica. Molti esperti in materia hanno parlato di una situazione post-fotografica, già a partire dagli anni Novanta, in cui è più rilevante elaborare un’immagine che produrla, vista l’enorme quantità di materiale iconografico disponibile.

“Che cos’è allora la fotografia in assenza dell’atto di trascrizione della luce?”

Ad oggi abbiamo raggiunto una distorsione del concetto di reale. Basti pensare alla diffusione dell’intelligenza artificiale, che usufruisce di materiale già esistente per produrne di nuovo. Un esempio è il progetto digitale “This person doesn’t exist” (https://this-person-does-not-exist.com/en), portale web in cui sono disponibili una serie di ritratti, o meglio di raffigurazioni di volti di persone mai esistite, ma create a partire da una banca dati. Dietro alla macchina fotografica non ha mai posato nessuno. Che cos’è allora la fotografia in assenza dell’atto fotografico di trascrizione della luce?

In un secondo momento è stata introdotta la storia dell’artista Moira Ricci e sono stati presentati alcuni suoi lavori fotografici come 20.12.53-10.08.04, Buio a buio e Dove il cielo è più vicino, che sono stati presi come esempi concreti della riflessione culturale.

La prima composizione è quella che mi ha colpito di più. Dal 2004 al 2012, l’artista ha realizzato con la tecnica del linguaggio visivo dell’istallazione ben cinquanta fotografie. Dagli album di famiglia della madre, che è venuta a mancare improvvisamente, ha deciso di estrarre delle foto in cui ha inserito con Photoshop il suo autoritratto, con uno sguardo osservante e protettivo verso la figura materna in modo da poterla ri-vivere. Un lavoro che va oltre la singola ricerca: si tratta di uno studio costante e assiduo delle luci e della composizione fotografica.

L’uso che Moira Ricci ha fatto della fotografia, raccontando un dolore incolmabile, consente di ri-pensare l’atto fotografico come una possibilità di restituzione di giustizia a qualcosa o qualcuno. Forse è proprio quello che ha fatto l’artista nel momento in cui le è stato tolto il diritto di continuare a vivere e crescere con la propria madre.

Julia Sophie Naponiello

Tutte le seguenti immagini sono proprietà di © Moira Ricci

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