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Il Salotto Letterario

Torna The Handmaid’s Tale!

Vorrei che questa storia fosse diversa. Vorrei che si svolgesse a un livello più elevato. Vorrei che mi facesse apparire se non più felice, almeno più positiva, meno esitante, meno distratta da cose banali. Vorrei che avesse una struttura più equilibrata. Vorrei che parlasse d’amore, o di improvvise percezioni importanti per la propria vita, o anche di tramonti, di uccelli, di temporali, di nevicate. Forse parla anche di questo, in un certo senso; ma in una rete intessuta di bisbigli, di supposizioni, di segreti insondabili, di parole non dette, di movimenti sotterranei e misteriosi.

                                                                                                                    Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, 1985, pag. 345

Vi è mai capitato di rimanere intrappolati nel meccanismo del “ne parlano tutti quindi lo devo assolutamente vedere anche io”? Bene, The Handmaid’sTale è esattamente una serie che deve il suo successo a questo stratagemma.

La prima puntata della quarta stagione è uscita il 28 aprile su Hulu (il 29 in Italia sulla piattaforma TimVision). La serie vanta un cast che agli appassionati sembrerà familiare: Elisabeth Moss (Peggy Olson di Mad Men), Alexis Bledel (Rory Gilmore di Una mamma per amica) e Samira Wiley (Poussey Washington di Orange is the new black).

Prima ancora di parlare dell’eclatante successo raggiunto all’uscita nel 2017 sarebbe interessante soffermarsi sui due romanzi che hanno costituito il soggetto della sua trama.

M. Atwood, Il racconto dell’ancella, 1985. -> Puoi cliccare sulle immagini per acquistare i romanzi dal portale delle librerie indipendenti Bookdealer!

Il primo romanzo risale al lontano 1985 ed è intitolato appunto Il racconto dell’ancella; in Italia è edito da Ponte alle Grazie e ha registrato un’impennata di vendite tale da rendere necessaria nel 2019, dopo il lancio della serie, una ristampa in chiave aggiornata. Nello stesso anno l’autrice, la canadese Margaret Atwood, entusiasta per il rinnovato successo della sua opera, ha pubblicato il seguito del primo volume, il romanzo che in Italia porta il titolo de I testamenti.

Quanto alla trama dei libri, in molti sapranno che la tematica è quella di una realtà distopica in cui gli Stati Uniti si sono trasformati in un regime teocratico e maschilista, chiamato Gilead, nome di origine biblica, la cui popolazione è divisa in caste rigorosamente distinte e le donne sono all’ultimo gradino della gerarchia sociale (ma non per questo, si noterà, meno potenti). Il primo romanzo riflette le insicurezze politiche e sociali tipiche dell’epoca in cui è stato scritto, cioè gli anni ’80, ma l’aspetto allarmante è che le scene narrate sono inevitabilmente attualizzabili e il pensiero ricorrente mentre si legge è “ma potrebbe succedere anche qui e ora?”.

La protagonista e narratrice del primo romanzo è una donna di cui non viene mai svelato il nome, la quale narra, con un alternarsi di quotidianità e flashback, la sua vita come ancella nella famiglia di uno dei comandanti più potenti di Gilead, attraverso un racconto ricco di dettagli e tenerezza per la nostalgia che le suscitano i ricordi più toccanti di quella che era la sua precedente vita “normale”.

Ne I testamenti passiamo a ben tre narratrici : una di esse è forse il personaggio più controverso, Zia Lydia; le altre sono due giovani ragazze di cui non sveleremo l’identità, per non rovinare la sorpresa a coloro che non hanno ancora letto i libri di Atwood.

M. Atwood, I testamenti, 2019

Ambientato qualche anno più tardi rispetto a dove si erano interrotte le vicende dell’ancella, ci troviamo in una Gilead ancora più meschina, che le nostre protagoniste cercheranno di disintegrare dalle fondamenta attraverso continue e rischiose cospirazioni.

La scrittura dei due libri è scorrevole, coinvolgente e incalzante, ma la narrazione non risulta mai propriamente inquietante nonostante la tematica richiami quel tipo di letteratura distopica alla Orwell di 1984. A differenza dei romanzi, invece, la serie The Handmaid’s Tale deve parte del suo successo proprio alla narrazione cupa e angosciante, sempre attenta a creare un turbamento interiore che invogli a vedere il prima possibile la puntata successiva.

Il forte legame tra i romanzi e la serie si evince dai ringraziamenti di Margaret Atwood al termine de I testamenti: «Molte grazie al grande team che ha trasformato il libro in una serie televisiva avvincente, curata e pluripremiata. […]La serie ha rispettato uno degli assiomi del romanzo: non ammettere eventi che non avessero un precedente nella storia dell’umanità

Marina Zorz 

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