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Il Salotto Letterario

Indira Gandhi: la donna simbolo della lotta in India

Volevo sacrificare la mia vita per il mio Paese. Sembrano sciocchezze e invece ciò che accade quando siamo fanciulli incide sempre nella nostra vita […] restavo a cavarmela da sola. – Indira Gandhi –

 

Quando si pensa all’India del XX secolo, agli anni del colonialismo britannico, inevitabilmente la mente ci porta subito alla figura di Gandhi, sopranominato Mahatma (grande anima), leader indiscusso del movimento di indipendenza indiano. Il metodo di protesta da lui promosso, la Satyagraha (fermezza nella verità), consisteva in disobbedienza civile, non violenza e resistenza passiva. La crescente adesione al movimento da parte della popolazione locale portò a un clima di tensioni latenti nel paese che vide il culmine il 13 aprile 1919, quando nella città di Amritsar le truppe britanniche spararono contro una folla disarmata che partecipava a una protesta pacifica. I morti furono quattrocento e i feriti milleduecento.

Ed è proprio qui che comincia la storia della nostra protagonista. Alla campagna di non collaborazione e boicottaggio della presenza inglese nel paese proposta da Gandhi partecipò l’intera famiglia di Indira Gandhi, pur consapevole del rischio di veder venir meno la propria libertà personale di fronte a una dichiarata adesione al messaggio lanciato dal Mahatma.

Fin da bambina Indira sentì su di sé la grossa responsabilità di dedicare la propria vita alla causa tanto cara al suo paese: la libertà dalla dominazione inglese. Questa missione era inscritta nel suo stesso cognome: Nehru, un nome importante che significa libertà e comportava la promessa di lottare attivamente per l’indipendenza del proprio popolo. Indira ebbe la fortuna di appartenere a una famiglia ricca della casta dei bramini, dove sia uomini che donne erano colti e istruiti e avevano avuto l’opportunità di conoscere il mondo e parlare varie lingue, oltre a possedere grande ampiezza di vedute. Il padre Jawaharlal e il nonno Motilal erano rispettati e noti avvocati che abbandonarono la propria professione per dedicarsi anima e corpo alla causa. La stessa madre di Indira, Kamala, partecipò attivamente alla lotta, rivendicando il diritto delle donne a far sentire la propria voce in un paese tradizionalmente patriarcale e fortemente diviso dal rigido sistema delle caste.

L’esempio della madre segnò profondamente la personalità di Indira, che da adulta difese strenuamente i matrimoni d’amore rivendicando la libertà di scelta e opponendosi alla tradizione dei matrimoni combinati, divenendo così un esempio per molte donne del subcontinente indiano e più in generale del mondo.

L’infanzia di Indira fu fortemente segnata dagli eventi politici del suo paese; tra le pareti di casa sentiva quotidianamente risuonare la parola libertà e i membri della sua famiglia decisero volontariamente di abbandonare ogni forma di privilegio e lusso per dedicarsi unicamente alla causa. Costretta a rinchiudere le bambole nel cassetto troppo presto e a crescere in fretta, l’infanzia di Indira non fu delle più facili e alcune immagini le rimasero impresse a vita: vide bruciare in un grande falò tutti gli oggetti a lei cari e da sempre parte della sua casa in quanto inglesi, ma soprattutto le rimase impressa l’immagine dei suoi genitori che andavano e venivano dalla prigione. Sperimentò fin da subito la solitudine, soprattutto nei lunghi periodi di detenzione dei genitori, ma questo, invece di indebolirla, ne forgiò l’anima da futura combattente. Minuta e vivace, imparò ad ascoltare e a nutrirsi delle parole di tutti i saggi che frequentavano la sua casa, tra cui Gandhi, amico di famiglia, e il poeta Tagore.

Nel 1929 suo padre Jawaharlal venne eletto presidente del principale partito d’opposizione, il partito del congresso nazionale indiano, e proclamò subito come obbiettivo principale la completa indipendenza nazionale. Indira divenne la prima assistente e consigliera del padre e lo accompagnò in tutti i principali eventi politici. Alla sua morte divenne la naturale erede designata al governo. Così Indira fu la prima, e ad oggi ancora unica, donna primo ministro in India.

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’India, in quanto colonia inglese, fu coinvolta nella guerra e furono molti gli indiani che combatterono. Le tensioni nazionaliste in questo contesto aumentarono esponenzialmente portando alla nascita del movimento “Lasciate L’India” e alla minaccia di non partecipare più allo sforzo bellico. La repressione fu violenta, con 60 000 arresti, tra cui quello della stessa Indira. L’indipendenza fu concessa, al caro prezzo della divisione del territorio nazionale tra India e Pakistan islamico. I nuovi confini tracciati in fretta dagli inglesi lasciarono cinque milioni di hindu al di fuori dei confini, relegandoli a minoranza perseguitata.

L’India ereditata da Indira si trovava nelle peggiori condizioni possibili. Nel periodo del primo mandato spogliò i ricchi dei privilegi e aiutò i più poveri, portando avanti la cosiddetta rivoluzione verde, ossia una rivoluzione di natura tecnologica applicata all’agricoltura per risolvere il problema della sottoproduzione. Nel momento dello scoppio della crisi in Pakistan, quando la zona orientale del paese chiese l’indipendenza, Indira scelse di intervenire sostenendo apertamente i ribelli della zona orientale e muovendo le forze armate indiane in aiuto, laddove ogni altro paese si era rifiutato di intervenire nel conflitto. La strategia utilizzata si rivelò vincente e accrebbe la sua fama, oltre a portare la nascita di un nuovo stato: il Bangladesh.

Una volta al potere venne fortemente criticata per le sue posizioni poco chiare, che comprendevano misure liberali per abbattere povertà e analfabetismo e consentire una redistribuzione dei patrimoni a scelte radicali come l’eliminazione della stampa, sterilizzazioni di massa e la cancellazione dell’opposizione, degne di una dittatrice.

La radicalità delle scelte adottate la portarono ad accerchiarsi di nemici, finché il 31 ottobre 1984 venne uccisa dalle sue due guardie del corpo per vendicare la brutale repressione del movimento rivoluzionario sikh. La morte fu immediata.

Indira, oltre a essere stata la prima donna premier dell’India, va ricordata per la sua vita totalmente legata e improntata al bene del suo paese. Governò un territorio multietnico e multireligioso segnato da fortissime diseguaglianze sociali, mantenute quasi sempre con l’uso violenza. Nonostante nell’ultima fase della sua vita abbia perso il contatto con la sua gente compiendo delle scelte a tratti estreme, fu una donna caparbia che ottenne il potere in una realtà dove le donne erano escluse dalla politica e cercò di usarlo per ricostruire e migliorare l’India.

Considerata dapprima madre dell’India, da qui il motto “Indira è Indira, Indira è l’India”, e in un secondo momento una tiranna al governo, Indira fu senza alcun dubbio una figura complessa, da molti amata e da altrettanti criticata e colei che più di tutti mise la sua vita al servizio dello stato, creando con esso un legame indissolubile.

Giulia Fumolo

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