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Il Salotto Letterario

Attila a Venezia

Tra i vari canali che caratterizzano Venezia si nasconde una vera e propria gemma della cultura italiana: il Teatro La Fenice, fondato il 16 maggio 1792. Durante il XIX secolo il teatro lagunare ospitò alcuni tra i più grandi compositori della musica italiana, come Giuseppe Verdi e Vincenzo Bellini, maestri dell’opera lirica italiana. Non da meno fu anche il suo caloroso benvenuto a numerose opere in lingua straniera.

Il nome “fenice” non poteva essere più azzeccato, rappresentando la creatura mitologica che risorge dalle proprie ceneri in un ciclo continuo di vita e morte. Il teatro fu soggetto di due terribili incendi, uno avvenuto nel 1836, uno alla fine dello scorso secolo, nel 1996. Ciò che tutt’oggi rimane di originale sono le maestose scale al suo ingresso e il regale lampadario d’oro, anche se i lavori di restauro rimasero fedeli all’architettura iniziale del teatro, reinaugurato il primo gennaio del 2004.

Il mese scorso il teatro ha ospitato l’opera di Giuseppe Verdi “Attila”, un dramma lirico presentato alla Fenice per la prima volta nel 1846. Quando si apre il sipario la scena è ambientata ad Aquileia, durante il saccheggio perpetrato dagli Unni sotto la guida di Attila. Dopo la resa, come omaggio, gli portano un gruppo di donne, tra cui figura anche di Odabella, la figlia del signore di Aquileia, precedentemente ucciso da Attila. 

Egli, colpito dal coraggio della ragazza, decide di concederle una grazia; la giovane chiede allora di riavere la sua spada indietro, meditando la sua vendetta. Sulla scena compare Ezio, il generale dei romani, che propone ad Attila di governare il mondo intero ma di lasciare a lui l’Italia; dopo il rifiuto del capo degli Unni il generale romano esce di scena sdegnato. Successivamente arriva Foresto, l’amato di Odabella, pensando che lei sia prigioniera degli Unni.

Il primo atto si apre con gli unni che vogliono assalire la città di Roma. Odabella, da sola di notte, sfoga il suo dolore, fino a quando non intravede tra le nuvole l’immagine del padre e del suo amato che la accusa di tradirlo con il nemico; lei però si giustifica spiegando il suo piano di vendetta. Attila, intanto, dormiente nella sua tenda, fa un incubo in cui sogna un uomo vecchio che gli dice di tornare indietro.

Nel secondo atto, possiamo scorgere al centro la figura di Ezio, sdegnato, mentre legge la lettera in cui l’imperatore Valentiniano pone una tregua alla guerra conto gli Unni. Si presenta però Foresto che gli spiega il modo in cui vuole uccidere Attila e decide di unirsi a lui. Il re degli Unni viene avvertito al banchetto con i romani di questa minaccia incombente, ma decide di non ascoltarli. Il vento spegne i fuochi, quando si riaccendono Foresto avverte Odabella che Attila sta per bere da una coppa avvelenata, ma lei decide di fermarlo perché vuole ucciderlo con le proprie mani. Attila si salva e Odabella gli chiede di graziare Foresto, ma lui acconsente solo se la giovane lo sposerà.

Nell’ultimo atto, Foresto intuisce che le nozze sono incombenti e si allontana, ma Odabella fugge, supplicando l’amato di credere ancora alla sua fedeltà. Nella scena compare improvvisamente Attila rinfacciando a Odabella la sua ingratitudine, a Foresto la grazia ricevuta e ad Ezio di aver congiurato per la salvezza di Roma.

Segue poi un combattimento che vede i romani scontrarsi contro gli Unni; Foresto, vedendo la sua occasione, si precipita su Attila ma viene fermato da Odabella, che lo trafigge per prima vendicando così sia il padre che il suo stesso popolo.

Con questa opera Verdi voleva coniugare nel miglior modo possibile l’arte del canto e la potenza tragica. Fra le tematiche principali che si possono trovare in questa opera c’è il patriottismo, che Verdi era il solito inserire all’interno delle sue opere delle inventive, che saltassero subito all’occhio, che venissero recepite dal pubblico stanco di un’Italia frammentata tra varie potenze straniere. La tirata del generale romano Ezio fa sorgere nel pubblico la sensazione di patriottismo. Un altro tema molto importane nelle opere verdiane è l’amore, anche se spesso costruito in maniera artificiosa rimane comunque un elemento fondamentale dell’opera. Anche in questo caso si può trovare l’evento inaudito: Attila non è solo un bruto, sa anche amare.

Amra Gusic 

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