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Il Salotto Letterario

Filosofia per riscoprire:lo Zen e il tiro con l’arco di Eugene Herrigel

E così per ‘arte’ del tiro con l’arco egli non intende una abilità sportiva […] ma una capacità acquistata attraverso esercizi spirituali e che mira a colpire un bersaglio spirituale: così […] che l’arciere in fondo prenda di mira e forse arrivi a cogliere se stesso.

Così Eugene Herrigel accompagna il mondo occidentale alla scoperta del tiro con l’arco.

Non è solo un’attività sportiva, ma qualcosa di più: un processo che permette a coloro che lo seguono di estraniarsi completamente da mente e corpo.

Curioso è stato scoprire il motivo che ha spinto il filosofo tedesco a rivolgere la sua attenzione al mondo dello Zen e, di conseguenza, al tiro con l’arco.

Herrigel ha sempre voluto avvicinarsi al misticismo, tuttavia solo un’esperienza diretta avrebbe potuto aiutarlo: la conoscenza di quest’arte, però, si rivelò problematica fin dal principio. Infatti nessun europeo prima di lui aveva manifestato un reale desiderio di avvicinarsi a quel campo.

Insegnare a un occidentale un simile rito avrebbe significato plasmarne lo spirito, per evitare di turbare l’allievo. Il filosofo tedesco, però, era determinato ad apprendere la disciplina non per puro divertimento, bensì per amore della «Grande Dottrina».

Lei non ci riesce (mi spiegò il Maestro) perché non respira bene. Dopo l’inspirazione spinga lentamente in giù il fiato in modo che la parte addominale si tenda moderatamente, e ve lo trattenga per un poco. Poi espiri il più lentamente e regolarmente possibile, e dopo una breve pausa riprenda rapidamente fiato e così via[…].

Se l’eseguirà nel modo giusto, sentirà che il tiro con l’arco le diventerà ogni giorno più facile. Con questa respirazione infatti lei non solo scoprirà l’origine di ogni forza spirituale, ma otterrà che quella sorgente scorra sempre più abbandonante e si diffonda attraverso le sue membra tanto più facilmente quanto più lei sarà rilassato.

Iniziò così il percorso nel tiro con l’arco: Herrigel era incapace di regolare in modo adeguato la respirazione.

Presto il problema fu risolto e arrivò il momento di sperimentare l’arco: il colpo avrebbe dovuto coglierlo di sorpresa.

Si, non si trattava di impegno o concentrazione, la freccia avrebbe colpito il bersaglio esclusivamente nel momento in cui il tiratore avrebbe smesso di pensarci, di pensare al gesto: doveva «spogliarsi intenzionalmente da ogni intenzione» abbandonando il proprio Io. Ma come fare? Il pensiero del gesto invadeva la mente del filosofo fino a fargli provare qualsi dolore.

Una comune foglia di bambù può insegnarle di che si tratta. Sotto il peso della neve si piega in giù. E a un tratto il carico di neve scivola via senza che la foglia si sia mossa. Resti come essa nella massima tensione fino a che il colpo parta.

Questa metafora spiega quanto la riuscita del tiro sia distante da colui che lo progetta, quasi come se si tirasse da solo, e allo stesso tempo quanto sia frustrante credere di poterlo programmare realmente.

Dopo mesi di esercizio Herrigel riuscì a colpire il bersaglio: la corda l’aveva trapassato, l’arco aveva fatto suo il tiratore, l’anima era libera, e finalmente l’arte ha annullato se stessa.

Proprio così l’autore ci presenta il tiro con l’arco: un’arte senz’arte, che mira a cogliere l’anima del tiratore senza volerlo fare e, una volta centrato il bersaglio, rimane a guardare, divenendo il centro del Tutto.

Leggere Lo Zen e il tiro con l’arco è stata una riscoperta inimmaginabile, riflettere così profondamente su tematiche esistenziali attraverso la spiegazione del tiro con l’arco è un’occasione unica per coloro che sono disposti ad ampliare la propria visuale, guardare il mondo che ci circonda da una nuova prospettiva

Vernoni Allegra

Le citazioni sono tratte da “Lo Zen e il tiro con l’arco” di Eugene Herrigel dell’edizione   Adelphi del 1975 

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