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Futuro Verde

La traccia invisibile della guerra

Guerra

Qual è la prima cosa a cui hai pensato dopo aver letto questa parola?

Non ho certamente il potere di leggere le menti, ma posso affermare con certezza che, almeno nove su dieci dei nostri lettori, avranno immediatamente visualizzato scenari catastrofici: bombe, palazzi rasi al suolo, sangue, corpi sul ciglio della strada. Altri, forse, avranno pensato agli effetti sulla nostra economia. Immagini e informazioni che ci vengono offerte sui social ogni giorno, e che influenzano il nostro modo di affrontare la realtà.

Quello che molti, invece, ignorano, è la varietà di guerre che ci circonda: un esempio è quella che si sta svolgendo in Messico, iniziata nel lontano 2006, contro i cartelli della droga e che ha contato 1367 vittime solo quest’anno.

Attualmente, mentre sto scrivendo queste parole e voi le state leggendo, sono ben cinquantanove le guerre in corso. Lettera dopo lettera, qualcuno sta morendo.

Come ho affermato prima, il nostro cervello pensa immediatamente alle conseguenze di questi conflitti come qualcosa di unicamente politico, sociale o culturale. Basti pensare all’aumento dei prezzi dopo l’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, al numero di soldati mandati a combattere. In modo matematico, ragioniamo in termini di numeri, ci focalizziamo sulle cose pratiche, concrete, che riteniamo essere sotto ai nostri occhi.

Tuttavia, un aspetto della guerra che viene molto spesso tralasciato è l’impatto ambientale. Quando apriamo i libri di storia e studiamo la tragedia delle bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki, la descrizione è sempre incorniciata dagli effetti delle sostanze tossiche sugli abitanti zone limitrofe alle due città. Come sempre, effetti evidenti e risaputi.

Quali sostanze vengono impiegate per la costruzione delle armi usate ogni giorno in ciascuna delle cinquantanove guerre in corso? Quali sono gli effetti invisibili, che crediamo così distanti data la lontananza dal nostro Paese, ma di cui ogni giorno subiamo gli effetti?

La distruzione ambientale è spesso sfruttata come tattica militare ben precisa per combattere il nemico. In Vietnam, per esempio, negli anni Settanta, l’esercito americano ha spruzzato erbicidi chimici su ampie zone di boscaglia per ridurre le coperture naturali del nemico. Oppure le dighe che, molto spesso, vengono bombardate, o i fiumi deviati, per allagare una zona o ridurre la disponibilità d’acqua nell’area colpita, come è successo a Gaza, dove gli impianti di trattamento delle acque reflue sono ferme per mancanza di corrente elettrica. Le acque inquinate, successivamente, vengono scaricate in mare.

Così come numerose superfici vengono deforestate intenzionalmente per favorire il passaggio dei carri armati, o per avvantaggiare azioni di guerra. Gli ordigni inesplosi, inoltre, rendono impraticabili i terreni e rilasciano residui tossici nell’acqua, nel suolo e nelle catene alimentari.

Successivamente, ci sono tutta una serie di complicazioni involontarie. Prendiamo, per esempio, in considerazione il Donbass. Immagina un missile che viene sganciato su una città per abbatterla. Immagina l’esplosione e, poi, il fuoco. Un incendio che dilaga sempre di più, che brucia piante, animali, persone. La distruzione di foreste e degli habitat presenti in Ucraina, area che ospita ben 6808 aree naturali protette e circa il 35% della biodiversità continentale europea. Una bomba che disperde gas tossici e rilascia sostanze nocive nell’aria, nell’acqua e nel terreno.

Pensa a tutte le attrezzature e i veicoli usati, il carburante necessario per muoverli, e la conseguente massiccia emissione di anidride carbonica in atmosfera. Esplosioni con polveri sottili e gas, poi trasportati dai venti. In Ucraina, solo nei primi sette mesi di conflitto, sono stati emanati cento milioni di anidride carbonica equivalente, misura che esprime l’impatto sul riscaldamento globale di una certa quantità di gas serra rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica.

Il risultato è uno solo. Le guerre hanno un costo, non solo a livello di vite e denaro, ma anche a livello di ambientale. Territori distrutti fino a data da destinarsi, che lasceremo nelle mani delle future generazioni.

Martina Dugaro

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