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Maria Montessori: la donna che contribuì a rivoluzionare il mondo dell’educazione

Quando pensiamo alla storia della pedagogia, subito ci appaiono in mente una carrellata di nomi maschili, e pochissimi femminili. Uno di questi, il più conosciuto e celebre, è senza dubbio quello di Maria Montessori.

Medica, femminista, educatrice, scienziata… Ridurre la figura di Maria a un ruolo specifico risulta complesso. Ciò che possiamo invece dire con certezza è che la sua carriera si sviluppa a partire dal suo primordiale interesse per le scienze, in particolare per la medicina: un ambito, all’epoca, riservato ai soli uomini. In un secondo momento della sua vita si avvicinerà progressivamente anche al mondo dell’educazione, senza tralasciare gli insegnamenti e le idee sviluppate nei suoi anni di studio scientifico.

La sua è una personalità determinata e vivace, libera da ogni forma di pregiudizio, che si trova presto a dover fare i conti con la dura realtà del suo tempo, in cui i privilegi e alcuni ambiti lavorativi sono appannaggio del solo universo maschile.

Il suo è un percorso controcorrente: nel momento in cui le viene negato l’accesso alla Facoltà di Medicina della Sapienza, a causa della sua condizione di donna e della mancata conoscenza del greco e del latino, discipline imprescindibili per l’ammissione all’università (ma che le donne in Italia non potevano studiare), si impegna per raggiungere ugualmente il suo obbiettivo tramite un percorso alternativo. Prende la decisone di iscriversi alla facoltà di Scienze Naturali, che abilitava ad accedere al corso di Medicina durante il terzo anno di studio. Così il 9 febbraio 1892 il Ministero dell’Educazione approva la sua immatricolazione, a patto che rispetti alcune imprescindibili e rigide regole: essere sempre scortata da un adulto per accedere in facoltà e svolgere la pratica di anatomia da sola e in orario serale, perché non era consono che una donna condividesse lo spazio assieme ad altri uomini (suoi compagni) di fronte a un corpo nudo.

Il bisogno, la voglia di essere d’aiuto al prossimo si rivelano presto in lei, che riversa questa naturale predisposizione dapprima nella scelta di diventare medico e solo in seguito nell’attività di educatrice.

La tesi sperimentale con cui Maria Montessori si laurea, Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico, dove affronta il tema delle allucinazioni e della malattia mentale, ha carattere prettamente pedagogico ed è indice del vivo interesse che si sta delineando in lei per la ricerca in questo ambito. Nota di merito è non solo l’essersi addentrata in una delle aree più oscure e meno conosciute della medicina, ma averlo fatto da donna nel XIX secolo, in un contesto sociale che associa proprio al comportamento femminile il concetto di follia. All’epoca si ritiene, infatti, che la pazzia sia connessa alla femminilità e che abbia origine dall’apparato riproduttivo femminile, esattamente dall’utero. Così Maria non solo discute un argomento tanto delicato ma lo fa con serenità e tenacia davanti a una platea di giornalisti, studenti e professori che accorrono per osservala, sperando che in qualche modo tentenni dimostrando la sua inettitudine. Maria ne esce vincitrice, con un’esposizione magistrale e un punteggio di 105 su 110, diventando a tutti gli effetti la prima medica della storia.

A Maria Montessori non sono estranee emarginazione e povertà, condizioni in cui si trova la maggioranza della popolazione dell’epoca, di cui fa esperienza quotidiana per via del suo lavoro; ciò che però maggiormente la colpisce è la sofferenza dei bambini. A poco a poco sviluppa un sempre maggiore interesse per la condizione infantile, soprattutto verso i bambini con ritardi mentali, che vivono in condizione di totale isolamento, senza alcun tipo di stimolo esterno.

Così al Congresso Nazionale di Medicina, che si tiene a Torino nel 1897, Montessori ha modo di esporre il suo pensiero davanti alla comunità scientifica. In quell’occasione denuncia le inaccettabili condizioni di isolamento dei bambini definiti, all’epoca, “frenastenici”, sottolineando come un adeguato intervento possa aiutarli nel processo di re-integrazione all’interno della società. Bisogna abbattere il pregiudizio che siano potenziali criminali e dimostrare come invece le condizioni di ostilità, i mancati stimoli e attenzioni siano il vero motivo per cui nel lungo termine alcuni di loro si avvicinano alla criminalità adottando comportamenti devianti. Con il suo entusiasmo e la sua passione saprebbe convincere chiunque: il suo discorso è illuminante e la rende celebre.

All’epoca nelle scuole i metodi di insegnamento adottati sono rigidi, spesso crudeli. Maria crede che il bambino non debba essere castigato, tenuto a bada con la forza o plasmato secondo il mondo degli adulti, è invece importante che sviluppi creatività e acquisisca le conoscenze gradualmente, in piena libertà, seguendo le normali fasi di sviluppo. Questi concetti, rivoluzionari per l’epoca, sono molto lontani dalla realtà scolastica dove i bambini passano lunghe ore seduti in banchi perfettamente allineati, intenti ad ascoltare passivamente il maestro, e dove ogni forma di ribellione o esuberanza è punita.

La sua idea di scuola a misura di bambino, dove il gioco diventa una componente indispensabile per sviluppare creatività e autonomia, viene applicata dapprima in quegli istituiti con bambini che presentano un ritardo mentale, ottenendo risultati sorprendenti, e poi anche nelle altre scuole con bambini normodotati. Maria, che vive a cavallo tra le due guerre mondiali, impiega tutte le sue energie per porre le basi di un futuro diverso, e lo fa partendo dai bambini, con l’idea che la costruzione di un domani all’insegna della pace non possa che partire da una buona educazione.

Oggi il metodo montessoriano è universalmente conosciuto e utilizzato e Maria Montessori occupa una posizione di rilievo nell’ambito dell’educazione. Ma la sua impresa non può e non deve essere ridotta al mero ambito pedagogico: a Maria dobbiamo certamente il merito di aver posto l’attenzione ai bisogni dell’infanzia, ma in una prospettiva più ampia, per la quale per ricostruire una società è necessario partire dai più piccoli.

Giulia Fumolo

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