Categorie
Il Salotto Letterario

Temporanea a Castelfranco Veneto, ovvero: «Questo museo s’ha da fare.»

Castelfranco Veneto recentemente si è dotata di un nuovo spazio espositivo, con l’acquisto da parte del comune dello storico Palazzo Soranzo Novello. L’edificio, un tempo sede della Banca Popolare di Castelfranco, poi Banca Popolare di Vicenza, è una delle più importanti testimonianze architettoniche della città. Edificato nelle forme attuali nel Settecento, molto probabilmente su un preesistente nucleo del Trecento, era di proprietà dell’illustre famiglia veneziana dei Soranzo prima e dei Novello poi. Esso è sito poco fuori la cinta muraria, esattamente di fronte alla torre dell’orologio simbolo della città ma, con la statua vigile del leone marciano, anche del potere che la Serenissima aveva nel remoto entroterra contadino.

Pane austriaco, 1918. L’acquisto dello storico immobile, strappato a un destino di “spazi commerciali-uffici-appartamenti di pregio”, ha stimolato la fantasia progettuale di un comitato storico-artistico, capitanato dal direttore del Museo Casa Giorgione e della biblioteca comunale Matteo Melchiorre, che ha progettato per questi spazi l’esposizione Temporanea: esibire, documentare, recuperare.

Fibbie per calzature, XVIII secolo.L’approccio è quanto mai originale e innovativo, sapientemente ponderato da conoscenza e selezione delle migliaia di materiali d’archivio che, nel corso dei secoli, si sono stratificati nei depositi della città. Materiale che per natura viene definito con quel termine caro agli studiosi della materia, multitipologico. Come in un grande magazzino, nel multitipologico termine c’è dentro di tutto, dal quadro alla moneta, dal teschio all’abito d’epoca, statue, sigilli, armi, vasi, strumenti musicali, lastre fotografiche e persino tozzi di pane della Prima Guerra mondiale. A un primo sguardo il visitatore rimane perplesso, perché nulla è come dovrebbe (o anche no) essere in un museo. Nessun parametro cronologico, tipologico o le tradizionali e rassicuranti divisioni tra arti maggiori e minori. Ed è esattamente questo il bello dell’esposizione, che disorienta e cancella lo stereotipo espositivo museale, per condurci a scoprire un quotidiano dove tutti gli oggetti che ci circondano dialogano tra di loro nella loro unicità e diversità e possono raccontare uno scampolo di storia della città.

La citazione è chiaramente quella della ben nota Wunderkammer dei principi del Rinascimento, dove nella stanza delle meraviglie – traduzione letterale del termine – coesistevano dipinti, memorabilia, oggetti e persino curiosità del mondo naturale più o meno reali, come corni d’unicorno e improbabili sirenette. Questa selezione di oltre 350 pezzi ha inoltre il pregio di essere esposta in un palazzo gentilizio che è anche un ex istituto bancario, le cui tracce architettoniche sono ovunque, in particolare nell’edificio moderno accanto allo storico palazzo, anch’esso parte del complesso. Pertanto nulla dell’arredo o delle partizioni del passato recente è stato eliminato, anzi tutto sembra fatto apposta per esporre e rafforzare il concetto di camera delle meraviglie, visto che nei singoli uffici chiusi da pareti di vetro, gli oggetti trovano agio espositivo nei mobili d’arredo, come se tutto fosse da sempre parte dell’insieme.

Penso pertanto che sia giusto scomodare quel celebre passo del Manzoni citato nel titolo di questo articolo, ovviamente riadattato per parlare di questa esposizione, per sottolineare il valore museologico e museografico dell’operazione, che speriamo non si disperda nel futuro museo che sarà, ma anzi rafforzi la sua natura innovativa e la sua unicità nel raccontare la storia attraverso tutti gli oggetti del nostro passato.

Per ulteriori informazioni Museo Casa Giorgione

Michele Vello

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *