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Ventunesimo Secolo

Associazioni suono-significato come nuovo metodo di deduzione del significato delle parole in lingua straniera

È possibile intuire il significato di una parola straniera semplicemente basandosi sulla sua forma fonologica? È stato provato di sì.

Sayuri Hayakawa e Viorica Marian hanno svolto uno studio, raccolto e commentato nel loro articolo Sound-meaning associations allow listeners to infer the meaning of foreign language words, in cui hanno fornito la prova che il significato delle parole straniere può essere parzialmente dedotto dalla forma fonologica.

Molte altre ricerche hanno fornito prove convincenti del fatto che le persone formino associazioni tra suoni e significati delle parole, tuttavia, i processi intellettuali che permettono di estrarre il significato dai suoni nelle lingue sono ancora poco compresi. Lo scopo di questo studio, quindi, non è solo analizzare fino a che punto, gli ascoltatori siano in grado di estrarre il significato di parole straniere basandosi solo sulla loro forma fonologica, ma anche comprendere se le differenze individuali precludano o meno la capacità di dedurre il significato di vocaboli non nativi.

Ciò si rivela interessante se prendiamo in considerazione il modo in cui si analizza una parola straniera sconosciuta, cercando di individuarne il significato in base alla forma fonologica. La capacità di intuirne correttamente il significato è affrontata anche in studi come: la somiglianza oggettiva o percepita tra le caratteristiche acustiche delle parole nelle due lingue; l’iconicità linguistica, che mette in relazione il suono con altre caratteristiche percettive ed articolatorie; o l’associazione cross-modale, che associa i suoni delle vocali e delle consonanti con le caratteristiche degli oggetti come la forma. Il fattore chiave però rimane l’esperienza personale del soggetto.

Lo studio ha coinvolto persone di nazionalità inglese e monolingue, che hanno ascoltato 45 coppie di antonimi, unità lessicali di significato opposto, in 9 lingue straniere e hanno giudicato quale parola straniera corrispondesse al rispettivo significato nella lingua nativa. Gli antonimi si suddividono a loro volta in tre gruppi: aggettivi, nomi e verbi. Le 9 lingue straniere sono: giapponese, cinese mandarino, tailandese, polacco, russo, ucraino, francese, rumeno e spagnolo. La scelta delle lingue è data dalla volontà di analizzare uno spettro più ampio, prendendo in considerazione lingue appartenenti a famiglie diverse, ma anche dall’interesse ad analizzarne l’accuratezza sulla base della distanza fonetica. Le distanze fonetiche tra le parole sono state infatti utilizzate per esaminare come l’accuratezza variasse a seconda della somiglianza con la lingua madre, in quanto appartenenti a famiglie linguistiche diverse: il giapponese, il mandarino e il tailandese (appartenenti rispettivamente alle famiglie linguistiche japonica, sino-tibetana e tai-kadai), il polacco, il russo e l’ucraino (lingue indoeuropee slave) e il francese, il rumeno e lo spagnolo (lingue indoeuropee romanze).

I risultati mostrano come i partecipanti identifichino correttamente il significato di coppie di parole antonime in modo migliore rispetto a quanto avrebbero fatto se si fossero affidati al caso e in modo più accurato quando le distanze fonetiche erano più brevi dalla lingua inglese, come nei casi delle lingue romanze rispetto alle lingue indoeuropee slave e japonica-sino-tai. Per quanto riguarda la parte del discorso, la percentuale di accuratezza è stata maggiore nel caso dei sostantivi in tre lingue romanze: francese, rumeno e spagnolo, che sono anche le stesse lingue che hanno avuto il maggiore livello di accuratezza in generale.

Lo studio non finisce qua, per questo consiglio vivamente la lettura completa del saggio, come approfondimento di un nuovo ed interessante modo di scoprire le lingue e studiarle.

Aurora Canciani

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