
Il grappling: lo sport di lotta più completo ed efficace
Il grappling è uno stile di lotta che punta alla sottomissione dell’avversario senza percussioni, quindi senza l’uso di calci, pugni, ginocchiate o gomitate; il combattimento inizia in piedi e si conclude al suolo, attraverso l’utilizzo di strangolamenti, leve articolari o compressioni dolorose, che costringono l’avversario ad arrendersi (l’atleta ammette la sconfitta battendo la mano o il piede sul contendente o sul tappeto da lotta). Le sottomissioni non sono l’unico modo per vincere un incontro: è possibile conquistare la vittoria anche attraverso dei punti, che si ottengono portando a terra l’avversario e prendendo posizioni di dominio. Il grappling si divide in due discipline: Gi e No-Gi; la prima si pratica con un kimono, che consente l’uso degli indumenti per finalizzare l’avversario o eseguire uno sweep (ovvero un ribaltamento per prendere una posizione migliore); il secondo invece si svolge in rushguard e pantaloni aderenti, per evitare che le dita o le articolazioni restino impigliate nei vestiti.
Il grappling nasce come sintesi delle tecniche più efficaci nelle MMA (Mixed Martial Arts), divenute popolari nei primi anni ’90 grazie agli eventi UFC; lo scopo di questi match era capire quale arte marziale o sport da combattimento portasse gli atleti, specializzati in tecniche diverse, alla vittoria. Gli esperti delle discipline che oggi costituiscono il grappling (quindi per portare a terra l’avversario la lotta libera, e per sottomettere le tecniche come il BJJ -brazilian jiu-jitsu No-Gi-, la lute livre brasiliana e il catch wrestling) risultarono i più solidi. Questa evidenza portò ad una nuova valutazione delle tecniche di lotta, mostrando quanto fossero efficaci non solo per l’attacco, ma soprattutto per la difesa. Il grappling, infatti, insegna a difendersi dall’aggressione di avversari anche più forti e pesanti, neutralizzandoli senza utilizzare colpi che possano ferire noi (in quanto tirare un pugno forte a mani nude può effettivamente fratturare la mano) o chi abbiamo di fronte. Dal momento in cui la lotta si svolge prevalentemente a terra si è anche dimostrato il metodo di difesa più efficace per le donne contro le violenze sessuali.
“La gentile arte” per la mente
La bellezza di questo sport, però, non è solo nel piacere dell’esercizio fisico e nel benessere che quest’ultimo produce: il grappling allena la mente e la capacità di risolvere problemi sotto pressione. In primo luogo, la necessità di imparare tecniche sempre nuove stimola la memoria, costringendo il nostro cervello a collegare e ricordare una moltitudine di movimenti diversi: ogni tecnica è costituita da tanti piccoli dettagli che non possono essere tralasciati per renderla efficace e funzionale. In secondo luogo, il fatto di avere di fronte un’altra persona ci mette davanti ad una costante incognita (possono variare il peso, il sesso, l’esperienza, nonché la concentrazione posta in quello specifico momento), portando la mente a doversi destreggiare tra una posizione e l’altra (collegando magari una sottomissione ad una escapes, che sono quelle tecniche che occorre utilizzare nel momento in cui si perde la posizione di vantaggio e si viene “intrappolati”).
Il grappling, dopo il periodo iniziale di comprensione della disciplina, ti porta a pensare con due mosse di anticipo, ma allo stesso tempo ti impone di restare flessibile alle risposte del tuo avversario, che potrebbero costringerti a modificare totalmente la tua strategia e il tuo piano di attacco. Entrambe queste componenti della lotta necessitano di una mente lucida e di un controllo dell’ansia che può insorgere se sotto pressione, e ciò ha un risvolto positivo anche nella vita di tutti i giorni. In un mondo che spinge a colpire più forte per farsi spazio il grappling insegna che la vera forza sta nel controllo, non nella violenza.
In conclusione, spero di avervi fatto comprende le potenzialità di questa arte marziale; se entrerete in un dojo (nome che prende la palestra in questa disciplina) capirete che la lotta non è solo un modo per sottomettere l’avversario ma anche per aguzzare l’ingegno. Imparerete a restare lucidi sottopressione, a prendere decisioni strategiche quando il respiro si accorcia, a gestire la fatica, la frustrazione e l’ego (perché sì, è anche un ottimo modo per imparare ad accettare la “sconfitta”, che poi una vera e propria sconfitta non è mai). Ad ogni allenamento il fisico si rinforza, ma è sempre il cervello a fare la differenza. E forse capirete che non serve fare male per essere forti.
Sofia Bergamini