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Il Salotto Letterario

Resto qui, storia di un paese sommerso

Tutti, almeno una volta nella vita, hanno sentito parlare del Lago di Resia. Situato in provincia di Bolzano, è una delle principali mete turistiche del posto. Visitandolo oggi si possono vedere turisti in posa, con alle spalle l’azzurro cristallino del lago e la punta del campanile che si staglia in quella placida distesa, puntando dritto verso il cielo. Persone che fanno foto, che si fanno fotografare, che ammirano estasiate lo spettacolo davanti ai loro occhi.

Ciò che dimentichiamo molto spesso, però, è che dietro a ogni meta turistica c’è una storia. O meglio: c’è la storia. Ci sono vite che non abbiamo mai conosciuto, persone che hanno combattuto per non perdere la loro terra, che hanno visto quel campanile ergersi in tutta la sua bellezza insieme alla chiesa a cui apparteneva, prima che l’acqua sommergesse il tutto. Quando visitiamo il lago di Resia ci dimentichiamo il contesto storico in cui hanno convissuto gli abitanti di quel piccolo paese, quanto hanno dovuto combattere per la propria identità, l’ingiustizia che hanno subito.

Ho deciso, oggi, di ricordarvelo, come ha aiutato me a ricordare Resto qui, romanzo di Marco Balzano.

Curon Venosta è un paesino sul confine svizzero e austriaco, che racchiude nella sua terra uno degli episodi più crudeli e meno conosciuti avvenuti sotto il regime fascista. Balzano decide di raccontarlo dal punto di vista di Trina, protagonista del romanzo, intrecciando finzione e realtà storica, un destino inventato inserito nella crudezza di quel periodo storico. Perché Trina è un personaggio immaginario, ma a Curon c’erano persone reali con i loro sogni, le loro ambizioni, con un’identità. Identità che hanno cercato di strappare loro.

Sotto il dominio fascista, infatti, ebbe luogo l’italianizzazione forzata di Curon: case editrici, quotidiani, giornali, toponimi in lingua tedesca, ladina e tirolese vennero modificati, fino a far diventare l’italiano l’unica lingua ufficiale. Le scuole vennero per la maggior parte chiuse, altre convertite. Nel romanzo, che resta comunque una storia con personaggi inventati, Trina è una maestra che combatte contro questa ingiustizia, e si difende proprio con quelle parole che vogliono strapparle via.

La situazione degenera ulteriormente nel 1939: Mussolini e Hitler fanno un accordo che prevede la possibilità di dare la cittadinanza italiana ai residenti in lingua tedesca. Il paese viene spezzato a metà, c’è chi resta e chi se ne va. Ma c’è anche chi arriva a Bolzano, che finisce sotto ai riflettori, attirando l’attenzione dei più grandi gruppi industriali dell’epoca. L’aumento demografico rende necessari servizi maggiori e più efficienti.

È l’allora Comitato Promotore della Società Elettrica Alto Adige (attualmente Montecatini) che decide di costruire una diga e una centrale idroelettrica. Il problema è che, per raggiungere la portata necessaria occorreva unire tre bacini naturali in un unico lago. Questo era possibile solo con la distruzione di Curon. Gli abitanti vennero avvisati con affissioni in lingua italiana che, chiaramente, non vennero comprese. La popolazione di Curon, cuore e storia del paese, venne presa in giro, privata della possibilità di esprimere il suo parere.

Nel 1940 iniziano gli espropri, ma ormai è troppo tardi: è l’ennesimo sopruso da parte del governo italiano. Non servirono a nulla le proteste, nemmeno quando gli echi del malcontento arrivarono fino alla Santa Sede e si diffusero in tutta Europa: il 16 luglio 1950 le campane della chiesa trecentesca di Santa Caterina d’Alessandria suonarono per l’ultima volta. Sette giorni dopo il paese venne fatto saltare in aria.

La prossima volta che vi troverete davanti a quel magnifico lago e deciderete di farvi una foto, fermatevi un secondo ad ascoltare il silenzio. Forse, come dicono in tanti, riuscirete ancora a sentire il rintocco di quelle campane. Pensate a quanti ricordi sono sommersi in quel lago.

Martina Dugaro

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