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L’animale infernale: il drago di Komodo

L’affascinante origine

Nelle isole indonesiane di Komodo, Rinca, Flores, Gili Motang e Gili Dasami vive una specie animale preistorica e pericolosissima: il drago di Komodo. Nonostante il nome evochi l’immagine di un drago, questa creatura è priva di ali e non sputa fuoco, ma possiede caratteristiche che la rendono uno dei predatori più letali del pianeta. I nativi dell’isola di Komodo lo chiamano buaya darat – coccodrillo di terra – o biawak raksasa, ovvero varano gigante.

Le origini mitologiche di questo animale affondano in una leggenda tramandata dagli abitanti dell’isola dove fu scoperto dagli scienziati occidentali. Si racconta che un giorno Putri Naga, la Principessa di Komodo, si innamorò di Moja, un uomo proveniente da un’isola vicina. Dopo il matrimonio, la principessa rimase incinta e diede alla luce due gemelli: Gerong, con sembianze umane, e Ora, una lucertola ricoperta di squame, con una lunga coda. Mentre il figlio venne cresciuto dalla coppia, la figlia fu lasciata nella natura, e Gerong crebbe senza sapere nulla dell’esistenza della sorella. Un giorno, durante una battuta di caccia con i genitori, il ragazzo si imbatté in una gigantesca lucertola lunga tre metri. Spaventato, cercò di ucciderla con un coltello, ma fu fermato in tempo da sua madre, che gli rivelò la verità: quella creatura era sua sorella. Da quel momento, Putri Naga gli fece promettere che né lui né i suoi discendenti avrebbero mai fatto del male a lei e alla sua specie. Non erano semplici animali, ma parte della loro famiglia. 

Il superpredatore insospettabile 

Nonostante l’aspetto buffo e a tratti canzonabile, il drago di Komodo è uno dei predatori più letali della terra: lungo dai due ai tre metri, possiede grossi e lunghi artigli, pesa tra i 70 e gli 80 chili (ma alcune volte può raggiungere anche i 100) e sferra un morso che non lascia via di scampo. Può arrivare a percorre anche 10 chilometri al giorno in cerca di cibo e, nonostante sia solito muoversi lentamente, è capace di compiere scatti che raggiungano i 20 chilometri orari. Come altri rettili, utilizza la sua lingua biforcuta per localizzare, individuare e annusare gli stimoli esterni, riuscendo in tal modo a percepire la carcassa in putrefazione di una preda fino a 9 chilometri di distanza.

Il vero motivo per cui questo animale è estremamente letale risiede però nella sua saliva: densa, vischiosa e carica di batteri patogeni; per anni si è creduto che proprio questa fosse la causa della morte delle prede, che perivano a causa di gravi infezioni nel giro di pochi giorni. Studi più recenti hanno però scoperto che il drago di Komodo è dotato anche di ghiandole velenifere, in grado di secernere tossine che abbassano la pressione sanguigna, inibiscono la coagulazione e causano un rapido shock. In questo modo, una volta morso, il destino della preda è quasi sempre segnato: anche se riesce a fuggire, l’animale indebolito viene seguito con pazienza dal varano di Komodo, che può attendere anche ore prima di finirlo e nutrirsi. Il suo metodo di caccia è tanto brutale quanto efficace: approfitta di imboscate, sfruttando la sua colorazione mimetica, e attacca con estrema decisione. Non è raro che le sue vittime siano bufali d’acqua, cervi o addirittura altri draghi più piccoli (è infatti una creatura cannibale). Una volta uccisa l’animale, il drago può inghiottirlo quasi per intero, grazie a mascelle flessibili e uno stomaco molto dilatabile.

Anche il comportamento riproduttivo di questi animali è estremamente affascinante. La stagione degli amori si concentra fra luglio e agosto: durante questo periodo gli esemplari maschi diventano territoriali e aggressivi, combattendo tra loro nella speranza di conquistare gli esemplari femmina. In questi scontri violenti, che possono durare anche diversi minuti, si affrontano corpo a corpo, utilizzando anche la coda come vera e propria arma; alla fine, il vincitore si accoppia con la femmina, prestando comunque attenzione poiché quest’ultima, dopo la fecondazione, si può mostrare aggressiva, costringendolo ad una rapida fuga. Dopo la fecondazione la femmina depone dalle 15 alle 30 uova, che solitamente lascia in una buca scavata nel terreno o in un nido abbandonato di uccelli megapodi; 7 mesi più tardi i cuccioli di draghi di Komodo devono bucare il guscio delle uova, uscire dalla “tana” e nascondersi sugli alberi dai predatori, che spesso sono altri varani di Komodo adulti. L’eccezionalità di questa specie sta però nel fatto che la femmina può deporre le uova anche senza il maschio, cioè per partenogenesi: in assenza di esemplari di sesso opposto la femmina è in grado di creare la prole, dalla quale però usciranno solo cuccioli maschi, clonando il proprio patrimonio genetico. Questo fenomeno consente alla specie di sopravvivere anche in condizioni di isolamento estremo e testimonia l’incredibile adattabilità del drago di Komodo.

Nonostante la sua posizione di dominio all’interno della catena alimentare delle isole, anche il drago di Komodo è considerato una specie a rischio: i cambiamenti climatici, la diminuzione delle prede, la deforestazione, il turismo e il bracconaggio hanno fatto in modo che venisse inserito nella lista rossa IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura).

 

 

Sofia Bergamini

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